«Francesco va e ripara la mia Chiesa». Torna in mente la chiamata di Dio al santo di Assisi mentre Alice Baltera si arrampica sulla scala per rimettere in sesto uno dei modelli di argilla e paglia che il Bernini utilizzò per creare le sue opere. La squadra di Flavia Callori, responsabile del laboratorio di restauro metalli e terracotte, si occupa anche di questi angeli, sei in tutto, che recuperano la forza delle loro ali quasi a proteggere il cuore della Chiesa.
«Ci vuole passione, competenza e anche un pizzico di nevrosi per applicarsi per mesi, per anni, al restauro di pochi centimetri quadrati di arazzi, stoffe, pittu re, carta... Un lavoro di cura che mescola il maschile e il femminile, ma che forse è di più nelle corde delle donne», spiega Vittoria Cimino, responsabile dell’Ufficio del conservatore. Passa da qui lo studio dell’umidità, del clima, dello stato di conservazione delle opere esposte o in magazzino, di quelle che si prestano agli altri musei del mondo, di quelle che arrivano. Sperimentazioni all’avanguardia per recuperare il più possibile dal passato e tramandarlo ai posteri pressoché intatto.
Per la competenza ma anche, forse, per una propensione tutta femminile alla meticolosità, le donne, in Vaticano, hanno scalato piano piano i vertici delle arti, cominciando da Anna Maria De Strobel, responsabile del laboratorio bizantino e arazzi. Mettendo le loro abili- tà a servizio di un restauro fisico e metaforico della Chiesa e dell’umanità. In un ambito come quello dei Musei vaticani, che va dall’etnologico, al contemporaneo, passando per l’Egitto e il Medioevo, viene ricapitolata l’intera storia del mondo. «Una nuova generazione sta assumendo la direzione dei diversi musei», sottolinea Micol Forti, in Vaticano da tre- dici anni, responsabile della Collezione arte contemporanea e praticamente il braccio destro del professor Antonio Paolucci, direttore dei Musei. «Non è una specifica solo del Vaticano», aggiunge Alessia Amenta, responsabile dell’Egizio.
In questo momento, in Italia, tutti i direttori dei musei egizi, da quello di Torino a quello di Napoli, sono donne. «Qui, però, abbiamo qualcosa in più: la possibilità di uno sguardo internazionale più ampio e di poter sperimentare, ricercare, confrontarci ad altissimi livelli, di approfondire senza frontiere», spiega Stefania Pandozy, dell’etnologico. Sapendo che la selezione avviene sul merito e sui titoli di studio.
Si commuove Tina Cuozzo raccontando di aver mandato il suo curriculum per aver letto il bando su Famiglia Cristiana. «Posso dire che è grazie a voi se lavoro qui. Non ho fatto altro che ritagliare l’indirizzo e spedire la mia domanda». Perché fin da- gli anni ’80, quando fu assunta Francesca Persegati, la prima donna chiamata in Vaticano a occuparsi dell’ambito del restauro, i Musei scelgono i professionisti senza distinzione di genere. Collaborando anche con team esterni, come sanno bene le “Michelangiole” che si stanno dedicando al restauro pittorico nella galleria delle carte geografiche.
La responsabile del laboratorio pittura, il maestro Maria Ludmila Pustka, sottolinea l’importanza di poter collabora- re con le migliori professionalità anche con contratti esterni che sempre più spesso coinvolgono le donne. «Non escludiamo certo gli uomini, anzi, le “Michelangiole”, come sono state soprannominate queste ragazze molto esperte, sono coordinate da un uomo», aggiunge la Pustka, «ma siamo contente di vedere quanta preparazione e dedizione c’è nelle nuove generazioni di donne. E come il Vaticano sappia riconoscere queste competenze e valorizzarle».
Chiara Fornaciari da Passano, direttore del laboratorio carta, riporta alla luce le scritte in greco, latino e arabo di un antico mappamondo, mentre Chiara Pavan, responsabile del laboratorio arazzi e tessuti, spiega il significato delle pieghe di ciò che resta di un lenzuolo funerario coopto. Intanto la sua “squadra” sta terminando il restauro, durato sette anni, di un prezioso arazzo di Raffaello. Le donne si muovono a loro agio tra Cappella Sistina e stele egizie. Con quel rispetto per le culture e per la storia che dà il sen- so di una comunità umana in cammino. E c’è da scommettere, guardando in lontananza l’ombra di Santa Marta, che nella “rigenerazione” della Chiesa papa Francesco abbia qui delle alleate.