Riccardo ha otto anni e va a scuola a Milano, come è normale per i suoi coetanei. Nei suoi occhi si legge la voglia di imparare e di giocare. Ieri ha ritirato la pagella, su cui è scritto: “L'alunno è ammesso alla classe quarta (...). Durante il corso dell'anno ha sempre dimostrato un impegno costante”. Questo giudizio vale almeno il doppio. Quando le lezioni finiscono e i suoi compagni tornano a casa, Riccardo torna a vedere se la sua baracca è stata abbattuta o se è ancora in piedi. È un rom romeno, uno zingaro si dice. “Impegno costante” vuol dire arrivare a scuola puntuale tutte le mattine nonostante 19 sgomberi in undici mesi. Assunta Vincenti, una mamma italiana della scuola di Riccardo e dei suoi fratelli, racconta: “Ogni giorno per loro è stata un’impresa continuare a frequentare, spostandosi da varie parti della città; spesso sono andati a scuola anche nelle mattine in cui la famiglia veniva sgomberata, senza sapere dove poi l’avrebbero ritrovata”.
Sgombero significa dover salvare quello che si riesce in qualche sacchetto di plastica, avendo a disposizione spesso meno di mezz’ora di tempo. Poi una ruspa trasforma la baracchina e tutto ciò che contiene in immondizia che le cronache misurano a quintali, ma che in realtà, per malandata che sia, è una casa. Tutto questo rimane negli occhi dei bambini rom come una violenza inspiegabile. Le famiglie sgomberate si allontanano con il loro nulla in mano, senza sapere dove andare, ricorrendo a cavalcavia o zone incolte nei “non luoghi” dell’hinterland milanese. Ma, nonostante tutto, Riccardo e tanti altri bambini rom hanno resistito, dimostrando un “impegno costante”: puntuali alle 8.30 in classe, spesso dovendo attraversare la città impiegando anche due ore di viaggio.
Continua Assunta: “Hanno imparato nomi e concetti nella lingua italiana, leggono e scrivono in lingua italiana, conoscono poesie e poeti italiani, ma pochi italiani hanno riservato loro sguardi benevoli. Ora stanno cambiando gli occhi di chi li guarda e anche i loro occhi sono più fiduciosi e sereni; con l'aiuto dei volontari della Comunità di Sant'Egidio e della scuola sanno leggere, scrivere, studiare. Cose apparentemente semplici che per questi ragazzi e questi bambini diventano una ricchezza con la quale potranno viaggiare verso una vera società interculturale”. “Impegno costante” è anche quello di Florina: iscritta cinque anni fa a scuola, ieri ha concluso l'esame di terza media. Otto in italiano, nove in spagnolo, sette in matematica, prova orale sulla seconda guerra mondiale, collegata a scienze (bomba atomica) e italiano (Primo Levi). Sua madre Gabriela, che da tre mesi fa le pulizie in una casa di riposo, scoppia in lacrime raccontando: “Ho smesso di contare il numero degli sgomberi e delle ruspe che abbiamo visto. Il ricordo più brutto è quando una mattina, portando a scuola i bambini, una Mercedes nera si è avvicinata, il guidatore ha abbassato il finestrino e ha sputato su mio figlio di 9 anni. Su un bambino!”.
Dopo tanti sgomberi, a dicembre, un amico ha prestato al marito di Gabriela una macchina per dormire, ma la polizia ha subito dato una multa da 500 euro per campeggio in area pubblica. Si legge nel verbale: “All'atto dell'accertamento, la persona sopraindicata come trasgressore dorme all'interno del furgone. All'esterno presenti attorno al veicolo, fornelletto, sacchi, spazzatura, pentole, scarpe etc." Ma aggiunge Gabriela: “Oggi bisogna festeggiare: i professori hanno fatto i complimenti a Florina perché ha passato l'esame, l'anno prossimo andrà alle superiori”. Si commuove nuovamente dicendo: “In questi mesi, siamo stati aiutati dagli amici della Comunità di Sant'Egidio, dalle maestre e dalle mamme della scuola. Sono la parte italiana della nostra famiglia”. A Milano, mentre avvenivano 540 sgomberi dal 2007 ad oggi, le scuole sono diventate dei “fortini di pace” in una città che cacciava i bambini rom.
Spiega una maestra: “A scuola si diventa amici tra rom e non rom e questo costruisce dignità e autostima. Nessuno di noi dà dignità a se stesso; se non vi è un riconoscimento sociale positivo, si cresce sfiduciati, umiliati, esclusi. Viceversa, a scuola ci si conosce, imparando che ciò che ci fa uguali è molto, ma molo di più, di ciò che ci differenzia e che nessuno è superiore o inferiore”. I rom in Italia sono un “popolo di bambini”: il 45-50% ha meno di 16 anni; è raro trovare nei campi persone anziane, la vita media di un milanese è di oltre 80 anni, per un rom è meno di 50. Occorrerebbe investire sulla scuola, affermando che l'istruzione per i bambini rom è un diritto non negoziabile. Non si può sgomberare un bambino 19 volte in 11 mesi. È la rinuncia all'idea di integrare: dare diritti, pretendere doveri. Lo diceva bene il Cardinal Martini: “Chi è orfano nella casa dei diritti, difficilmente sarà figlio nella casa dei doveri”.