Verità, misericordia e gioia. Le tre grazie del Vangelo sono inseparabili. Nella Messa crismale papa Francesco parla ai sacerdoti e ricorda loro che, come Gesù, devono portare il lieto annuncio innanzitutto ai poveri. Un annuncio dato con gioia. «Al pari di Gesù», dice Francesco, «il sacerdote rende gioioso l’annuncio con tutta la sua persona. Quando predica l’omelia – breve, se possibile – lo fa con la gioia che tocca il cuore della sua gente mediante la Parola con cui il Signore ha toccato lui nella sua preghiera. Come ogni discepolo missionario, il sacerdote rende gioioso l’annuncio con tutto il suo essere. E, d’altra parte, sono proprio i particolari più piccoli – tutti lo abbiamo sperimentato – quelli che meglio contengono e comunicano la gioia: il particolare di chi fa un piccolo passo in più e fa sì che la misericordia trabocchi nelle terre di nessuno; il particolare di chi si decide a concretizzare e fissa giorno e ora dell’incontro; il particolare di chi lascia, con mite disponibilità, che usino il suo tempo…».
Il lieto annuncio, continua il Papa, «è la perla preziosa del Vangelo. Non è un oggetto, è una missione» e nasce «dall’Unzione. La prima, la “grande unzione sacerdotale” di Gesù, è quella che fece lo Spirito Santo nel seno di Maria. In quei giorni, la lieta Annunciazione fece cantare il Magnificat alla Madre Vergine, riempì di santo silenzio il cuore di Giuseppe, suo sposo, e fece sussultare di gioia Giovanni nel seno di sua madre Elisabetta.
Oggi, Gesù ritorna a Nazaret, e la gioia dello Spirito rinnova l’Unzione nella piccola sinagoga del paese: lo Spirito si posa e si effonde su di Lui ungendolo con olio di letizia».
E il Vangelo, dice ancora Francesco, nell’atto in cui viene annunciato «diventa gioiosa e misericordiosa verità. Che nessuno cerchi di separare queste tre grazie del Vangelo: la sua Verità – non negoziabile –, la sua Misericordia – incondizionata con tutti i peccatori – e la sua Gioia – intima e inclusiva –. Verità, misericordia e gioia! Mai la verità del lieto Annuncio potrà essere solo una verità astratta, di quelle che non si incarnano pienamente nella vita delle persone perché si sentono più comode nella lettera stampata dei libri. Mai la misericordia del lieto Annuncio potrà essere una falsa commiserazione, che lascia il peccatore nella sua miseria perché non gli dà la mano per alzarsi in piedi e non lo accompagna a fare un passo avanti nel suo impegno. Mai potrà essere triste o neutro l’Annuncio, perché è espressione di una gioia interamente personale: la gioia di Gesù nel vedere che i poveri sono evangelizzati e che i piccoli vanno ad evangelizzare».
Il Papa indica tre icone di «otri nuovi in cui il lieto Annuncio si conserva bene, non diventa aceto e si versa in abbondanza». Una è quella delle anfore di pietra delle nozze di Cana. «In un particolare, rispecchiano bene quell’Otre perfetto che è – lei stessa, tutta intera – la Madonna, la Vergine Maria. Dice il Vangelo che “le riempirono fino all’orlo”. Immagino che qualcuno dei servitori avrà guardato Maria per vedere se così era sufficiente e ci sarà stato un gesto con cui lei avrà detto di aggiungere un secchio in più. Maria è l’otre nuovo della pienezza contagiosa. Senza la Madonna non possiamo andare avanti nel nostro sacerdozio».
Maria, con «la sua pienezza contagiosa ci permette di superare la tentazione della paura: quel non avere il coraggio di farsi riempire fino all’orlo, anche di più, quella pusillanimità di non andare a contagiare di gioia gli altri».
«La seconda icona del lieto Annuncio è quella brocca che – con il suo mestolo di legno – nel pieno sole del mezzogiorno, portava sulla testa la Samaritana. Esprime bene una questione essenziale: quella della concretezza. Il Signore, che è la Fonte dell’Acqua viva, non aveva un mezzo per attingere l’acqua e bere qualche sorso. E la Samaritana prese dell’acqua dalla sua brocca con il mestolo e saziò la sete del Signore. E la saziò ancora di più con la confessione dei suoi peccati concreti. Scuotendo l’otre di quell’anima samaritana, traboccante di misericordia, lo Spirito Santo si versò in tutti gli abitanti di quel piccolo paese, che invitarono il Signore a fermarsi in mezzo a loro». Il Papa indica come samaritana dei giorni nostri Madre Teresa di Calcutta. «Lui la chiamò e le disse: “Ho sete”. “Piccola mia, vieni, portami nei buchi dei poveri. Vieni, sii mia luce. Non posso andare da solo. Non mi conoscono, per questo non mi vogliono. Portami da loro”. E lei, cominciando da uno concreto, con il suo sorriso e il suo modo di toccare con le mani le ferite, ha portato il lieto Annuncio a tutti. Il modo di toccare con le mani le ferite. La carezza sacerdotale. Il sacerdote è l'uomo della tenerezza».
Infine «l’Otre immenso del Cuore trafitto del Signore: integrità mite, umile e povera, che attira tutti a sé. Da Lui dobbiamo imparare che annunciare una grande gioia a coloro che sono molto poveri non si può fare se non in modo rispettoso e umile fino all’umiliazione. Non può essere presuntuosa l’evangelizzazione. Concreta, tenera e umile e così l'evangelizzazione sarà gioiosa. Non può essere rigida l’integrità della verità. Perché la verità si è fatta carne, tenerezza, bambina, uomo, peccato in croce».
E lo Spirito santo ci dice in ogni momento quello che dobbiamo dire ai nostri avversari «e illumina il piccolo passo avanti che in quel momento possiamo fare. Questa mite integrità dà gioia ai poveri, rianima i peccatori, fa respirare coloro che sono oppressi dal demonio».