Possono stare tranquilli gli abitanti di Prato, Monza e di tutti gli altri capoluoghi di provincia che, secondo il decreto SalvaItalia, avrebbero dovuto perdere l’onore di fregiarsi del titolo. La Consulta ha giudicato illegittimo il decreto che aveva introdotto il sistema dell’elezione indiretta (da parte dei Consigli comunali del territorio) del presidente e del Consiglio provinciale, e quindi a cascata anche la parte del provvedimento che procedeva al taglio delle Province. In sostanza: non c’era nessuna urgenza, dice la Corte, l’uso del decreto era fuori luogo. La bocciatura, insomma, come sempre per le pronunce della Consulta, non attiene al merito della questione, ma al procedimento impiegato.
La sostanza è che oggi le Province sono per lo più inutili e costose, molto costose, carrozzoni che danno da mangiare a politici e politicanti di basso-medio rango (o, almeno , rischiano di farlo e in molti casi l’hanno fatto). Senza considerare, poi, che questi enti locali avrebbero dovuto essere aboliti totalmente già più di 40 anni fa, quando nacquero le Regioni. Invece, negli ultimi anni sono aumentate e il tentativo di ridurle è fallito per motivi tecnici. Così in Lombardia restano 12 invece di diventare 7, In Piemonte 8 invece di 5, in Toscana 10 anziché 4 e via dicendo, secondo una geografia che tanto piace all’Italietta dei troppi campanili.
E il Governo bocciato che fa? Il ministro per le Riforme costituzionali Quagliariello (Pdl) dice che adesso è ancora più importante “semplificare e razionalizzare l’assetto degli enti territoriali” intervenendo sull’intero Titolo V della Costituzione che se ne occupa. D’accordo il ministro per gli Affari regionali Del Rio (Pd), secondo il quale “la riforma deve proseguire”, naturalmente secondo le indicazioni della Corte, cioè con una legge costituzionale. Ma questo prevede tempi lunghi e il rischio che tutto si blocchi nuovamente.
Caro Mario Rossi di Monza e Lu Wang, di Prato, potete dormire sonni tranquilli ancora per un bel pezzo.