Il 19 novembre è stato eletto presidente dell’Argentina, con il 55,69% dei voti, Javier Gerardo Milei, uomo di destra e liberista estremo. Aveva insolentemente criticato papa Bergoglio come fautore della povertà, chiamandolo «l’imbecille che sta a Roma», e ancora «rappresentante del maligno nella casa di Dio e sulla Terra», «gesuita che ha un’affinità con comunisti assassini». Buona parte della Chiesa argentina ha risposto con sdegno. Dopo l’elezione, il Papa però ha chiamato il neopresidente per congratularsi, facendo un gesto distensivo.
Perché gli argentini hanno votato Milei, personalità istrionesca e imprevedibile? Il candidato alternativo era il peronista Sergio Massa, ministro del precedente Governo che lascia in eredità una pesante crisi economica. Rappresenta un passato fallimentare, senza via d’uscita, cui l’elettorato – specie nelle province interne e tra i giovani – si è ribellato con rabbia e disperazione. Milei è il prodotto del fallimento peronista che spinge la gente al cambiamento: tanto – si dice – peggio di così non può andare. Il voto per Milei segna una svolta a destra: una destra anarco-liberista, irregolare e imprevedibile. Il nuovo presidente ricorda sia Trump (si vedrà come andranno le elezioni negli Usa) sia Bolsonaro (battuto un anno fa da Lula ma che, nonostante il suo ruolo internazionale, stenta a imporsi in un Brasile in cui non ha la maggioranza parlamentare). Avviene una svolta a destra in America latina, come in Europa, anche con la recente affermazione in Olanda di Wilders, leader di ultradestra, ostile all’islam e alla Ue?
Ogni “destra” ha caratteristiche peculiari. Specie in America latina. La destra in America del Sud si rafforza anche per la crisi delle sinistre. Nel Cile del presidente di sinistra Gabriel Boric, l’estrema destra ha vinto le elezioni nell’assemblea per riformare la Costituzione. L’attaccamento al potere e la politica repressiva della sinistra in alcuni paesi, come il Nicaragua, ha finito per screditarla. Il presidente di El Salvador, Nayib Bukele, criticato dalle organizzazioni umanitarie per la politica repressiva e per aver prorogato lo stato d’assedio sedici volte, ha lottato contro la criminalità con metodi ritenuti lesivi dei diritti umani. Tuttavia, in un’America del Sud alle prese con un potente narcotraffico, forte economicamente e “militarmente”, Bukele è divenuto un modello per non pochi.
La destra non ha un rapporto positivo con la Chiesa: Milei in un modo e Bukele in un altro. Perché la Chiesa del continente più cattolico del mondo è così poco rilevante politicamente e culturalmente? Nel 2007 ci fu la V Conferenza dei vescovi latino-americani ad Aparecida che invitò a un nuovo “fervore dello spirito” da vivere con coraggio e audacia. La Chiesa del continente è oggi sfidata dai movimenti neo-protestanti. Uno dei maggiori esperti del cattolicesimo del Sud America, Guzmán Carriquiry Lecour, osserva come la sfida neo-protestante sia costante, quasi inarrestabile. Tale situazione ha generato una cultura del declino tra i cattolici e ha spinto talvolta a un governo pastorale che soprattutto punta a riorganizzare le forze indebolite. In realtà, tra tante crisi, in un mondo polarizzato, manipolato politicamente e religiosamente, la Chiesa predica quel Vangelo che è sorgente di umanità e di speranza per un futuro migliore. Forse bisogna esserne più consapevoli e viverlo nella realtà, come taluni coraggiosi credenti latino-americani.