Contribuisci a mantenere questo sito gratuito

Riusciamo a fornire informazione gratuita grazie alla pubblicità erogata dai nostri partner.
Accettando i consensi richiesti permetti ad i nostri partner di creare un'esperienza personalizzata ed offrirti un miglior servizio.
Avrai comunque la possibilità di revocare il consenso in qualunque momento.

Selezionando 'Accetta tutto', vedrai più spesso annunci su argomenti che ti interessano.
Selezionando 'Accetta solo cookie necessari', vedrai annunci generici non necessariamente attinenti ai tuoi interessi.

logo san paolo
lunedì 07 ottobre 2024
 
Polemica
 

Le scuole cattoliche e gli “oneri per lo Stato”

27/07/2015  Il dibattito riaperto dalla recente sentenza della Cassazione sulle scuole paritarie ignora cosa c’è dietro l’articolo 33 della Costituzione che regolamenta il punto e viene citato spesso (e a sproposito). Ecco cosa sul tema pensavano due padri della patria come Giuseppe Dossetti e Luigi Einaudi.

Sarebbe parso impossibile che si riaprisse l'antica polemica sull'articolo 33 della Costituzione che concede a “enti e privati il diritto di istituire scuole istituti di educazione, senza oneri per lo Stato”. Sembrava impossibile, dopo i non pochi interventi di diversi Governi (ultimi quelli Prodi e Monti) sull'argomento delle scuole “paritarie” (fra le quali ovviamente quelle cattoliche) che non si tenesse più conto del principio che non si possono tassare iniziative che non abbiano effetti “commerciali”.

E invece la sentenza della Corte di Cassazione che ha condannato due istituti religiosi livornesi a pagare l'Ici, una misura che si rifletterebbe ovviamente sulle famiglie che mandano i figli alla scuola cattolica, ha riaperto una discussione che sembrava chiusa per sempre. Se non altro perchè non è difficile fare i conti su quanto più lo Stato dovrebbe spendere per la pubblica istruzione se scuole e istituti di proprietà ecclesiastica dovessero chiudere per il maggior peso che quella sentenza avrebbe sulla finanza di tante famiglie.

E' stato scritto molto sui motivi che portarono i padri costituenti ad aggiungere quelle cinque micidiali parole al terzo comma dell'art.33. Ne citiamo due esempi. Giuseppe Dossetti, che parlò molte volte in Assemblea, in un suo libro rileva che “la Sottocommissione si trova di fronte a due concezioni contrastanti: da una parte quella dell'on.Marchesi, il quale intende la libertà della scuola essenzialmente e esclusivamente come libertà dell'insegnamento; dall'altra parte la concezione democristiana, secondo la quale la libertà della scuola vuol dire libertà di insegnamento, libertà di organizzazione e libertà di espansione e di sviluppo effettivo della scuola non statale”. Prevalse la prima, sostenuta soprattutto dal Pci, con una malignità: che si mettessero paletti sia alla Chiesa, sia soprattutto alla libertà dei cittadini e delle famiglie.

Ma sentiamo anche cosa scrisse sull'argomento della tassazione scolastica il presidente Einaudi (liberale di gran classe): “L'obbligo violerebbe la libertà dei giovani i quali hanno pieno diritto di scegliere l'educazione da essi preferita. L'opinione contraria conduce alla instaurazione di un monopolio o duopolio nel campo della scuola, che fra tutte le specie monopolistiche, pare la pessima”.

I vostri commenti
26

Stai visualizzando  dei 26 commenti

    Vedi altri 20 commenti
    Policy sulla pubblicazione dei commenti
    I commenti del sito di Famiglia Cristiana sono premoderati. E non saranno pubblicati qualora:

    • - contengano contenuti ingiuriosi, calunniosi, pornografici verso le persone di cui si parla
    • - siano discriminatori o incitino alla violenza in termini razziali, di genere, di religione, di disabilità
    • - contengano offese all’autore di un articolo o alla testata in generale
    • - la firma sia palesemente una appropriazione di identità altrui (personaggi famosi o di Chiesa)
    • - quando sia offensivo o irrispettoso di un altro lettore o di un suo commento

    Ogni commento lascia la responsabilità individuale in capo a chi lo ha esteso. L’editore si riserva il diritto di cancellare i messaggi che, anche in seguito a una prima pubblicazione, appaiano  - a suo insindacabile giudizio - inaccettabili per la linea editoriale del sito o lesivi della dignità delle persone.
     
     
    Pubblicità
    Edicola San Paolo