Caro direttore, ho seguito la polemica sul pagamento dell’Imu da parte delle scuole cattoliche, ma devo ammettere che non l’ho ben capita. Perché gli istituti gestiti da religiosi, infatti, non dovrebbero pagare la tassa sugli immobili come fanno tutti gli altri? Allora, sarebbe giusto che anche le private internazionali non pagassero… Non trova anche lei?
Simona, Siracusa
È difficile districarsi su questo tema, anche perché molte leggi italiane sembrano fatte apposta per aprirsi a diverse interpretazioni, così da aumentare la confusione. Si è tornati di recente a parlare di Imu (prima Ici), per le scuole cattoliche dopo una sentenza della Cassazione che ha stabilito per due scuole per l’infanzia di Livorno di pagare questa tassa per gli anni dal 2004 al 2009.
Il segretario generale della Conferenza episcopale italiana, monsignor Nunzio Galantino, ha parlato di una «sentenza pericolosa», che limita «la garanzia di libertà sull’educazione che tanto richiede anche l’Europa». E ha ricordato alcuni dati: «Ci sono un milione e 300 mila studenti nelle scuole paritarie. A fronte dei 520 milioni che ricevono le scuole paritarie, lo Stato risparmia 6 miliardi e mezzo».
Per chiarire meglio, vanno fatte alcune precisazioni. Prima di tutto sono esentate dalla tassa sugli immobili tutte le attività svolte non a fini di lucro. In questa categoria rientrano anche le scuole paritarie, gestite o no da religiosi, che non sono di per sé attività commerciali e hanno un importante risvolto sociale. Pensiamo solo alle scuole per l’infanzia, che sono la gran parte tra quelle cattoliche. E infatti il Governo ha precisato che le scuole paritarie sono tenute a pagare le imposte solo se la media degli importi annui corrisposti dalle famiglie alla scuola è superiore al costo medio sostenuto dallo Stato per studente.
La seconda precisazione è quella più importante. Ho parlato di scuole paritarie. La legge Berlinguer del 2000 chiama in questo modo le scuole non statali abilitate a rilasciare titoli di studio con valore legale. Devono rispondere a determinati requisiti: ad esempio un progetto educativo in armonia con i princìpi della Costituzione; l’accoglienza di chiunque richieda di iscriversi, compresi gli alunni con handicap o in condizioni di svantaggio; bilanci pubblici; locali, arredi e attrezzature idonee; organi interni improntati alla partecipazione democratica, insegnanti forniti del titolo di abilitazione all’insegnamento e assunti nel rispetto dei contratti collettivi nazionali di lavoro. Sia le scuole statali sia le scuole paritarie, dunque, sono pubbliche, nel senso che svolgono un servizio pubblico riconosciuto. Le private internazionali da te citate, Simona, non rientrano in questi parametri.
In conclusione, mi pare che in Italia ci sia troppa ideologia. Qualcuno vorrebbe semplicemente che la religione sparisse dalla società e si appiglia anche a questi argomenti. Paradossalmente in quasi tutti i Paesi europei, compresa la laicissima Francia, le scuole paritarie sono finanziate dallo Stato, consentendo così a tutti i cittadini, anche ai meno abbienti, di andare nella scuola che preferiscono, sulla base del principio della libertà di scelta.