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lunedì 23 giugno 2025
 
 

Ultime volontà degli italiani illustri

06/03/2012  In mostra a Roma i testamenti di personaggi famosi della storia italiana: pontefici, politici, musicisti, scienziati, poeti e grandi capitani d'industria come Enzo Ferrari.

Si visita con emozione la mostra "Io qui sottoscritto," visitabile a Roma fino al 17 marzo presso l'Archivio Storico Capitolino. Organizzata  dal Consiglio Nazionale del Notariato e dalla Fondazione Italiana del Notariato nell'ambito delle celebrazioni per i 150 anni dell'Unità d'Italia, la mostra mette in mostra i testamenti di grandi personaggi della storia italiana. Di fronte al pensiero della morte, Papi, politici, scrittori, scienziati e musicisti dettano le loro ultime volontà. Verga, Pirandello, Deledda, Enzo Ferrari, Enrico Caruso, Ettore Petrolini, Gabriele D'Annunzio, Giovanni Agnelli senior, Guglielmo Marconi, Antonio Fogazzaro, per citarne solo alcuni. Danno disposizioni pratiche, pensano ai familiari e ai parenti, ma a volte si abbandonano anche a riflessioni più profonde.


Giuseppe Verdi, che lascia come erede universale la cugina, dispone con grande precisione le somme da dare in beneficenza a vari enti caritatevoli. Quindi chiede funerali "modestissimi", "senza canti e suoni". Alessandro Manzoni, comincia il suo testamento invocando  la "Santissima Trinità, Padre, Figliolo e Spirito Santo". Garibaldi lascia un testamento con disposizioni pratiche al quale aggiunge un testo più politico. Laconiche le ultime volontà di Luigi Pirandello: "Sia lasciata passare in silenzio la mia morte... morto non mi si vesta... carro d'infima classe, quello dei poveri... bruciatemi".


Nel testamento di Enrico De Nicola, primo presidente della Repubblica italiana, colpisce l'inizio: "Tutto il mio patrimonio è frutto esclusivo del mio lungo, assiduo, onesto lavoro professionale di cinquanta anni". Alcide De Gasperi lascia alla moglie Francesca un toccante testamento spirituale. "Muoio", scrive lo statista trentino, "colla coscienza d'aver combattuto la buona battaglia e colla sicurezza che un giorno i nostri ideali trionferanno".

Si rivolge alla moglie anche Giorgio Ambrosoli, l'avvocato liquidatore della Banca Privata Italiana, ucciso l'11 luglio 1979. Nel suo testamento spirituale, presago della fine tragica che lo aspetta, Ambrosoli scrive alla moglie Anna: "Sarà per te una vita dura ma sei una ragazza talmente brava che te la caverai sempre e farai come sempre il tuo dovere costi quello che costi".

Nei loro testamenti Giovanni XXIII e Paolo VI lasciano disposizioni pratiche alle quali aggiungono riflessioni sulla Chiesa e sulla vita. Papa Roncalli, dopo aver chiesto perdono per le sue colpe scrive: "nato povero, ma da onorata ed umile gente sono particolarmente lieto di morire povero". Papa Montini, dinanzi alla morte, sente "il dovere di celebrare il dono, la fortuna, la bellezza, il destino di questa stessa fugace esistenza" e manda "a tutti la benedizione del Papa che muore".

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