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giovedì 27 marzo 2025
 
 

Legge bavaglio, un giorno di silenzio

09/07/2010  Oggi i giornalisti sono in sciopero. Anche noi di Famiglia Cristiana e della Periodici San Paolo. Ecco perché: lo spiega in questo comunicato il Comitato di redazione.

Cari lettori, 
                 entrando nel sito, vi sarete subito accorti che oggi l’homepage è diversa dal solito. Per tutto il 9 luglio, infatti,  famigliacristiana.it non sarà aggiornato, in adesione alla giornata di protesta che i giornalisti italiani hanno deciso di attuare contro i decreto Alfano sulle intercettazioni, già ribattezzato come “legge–bavaglio”. Un disegno di legge che, se fosse approvato anche alla Camera, causerebbe una gravissima lesione al diritto di cronaca e quindi al fondamentale diritto dei cittadini di essere informati.   

      Col pretesto di tutelare la privacy, il ddl Alfano, in realtà, riduce la libertà di stampa in Italia, perché impedisce ai mezzi d’informazione di dare notizie sulle inchieste giudiziarie fino all’inizio del processo, cioè per un periodo che spesso va dai tre ai sei anni.    Informarvi sulle indagini che riguardano corrotti e truffatori, delinquenza organizzata e mafie per noi diventerebbe più difficile e pericoloso. Le normative in via d’approvazione prevedono, infatti, condanne dure, come l’arresto, commutabile con ammenda,  per i giornalisti, e sanzioni pecuniarie pesantissime per gli editori che pubblichino intercettazioni durante le indagini o atti coperti da segreto.    

     L’altro grave rischio che le nuove norme comportano riguarda la tutela stessa della legalità e della sicurezza. Non si nega che in Italia non esista un problema di violazioni del segreto investigativo e  della riservatezza, con danni per indagati e a terzi  coinvolti. La legittima tutela della privacy, però, non può andare a discapito della tutela della sicurezza dei cittadini: il ddl impedirà, di fatto, lo svolgimento delle indagini, disarmando gli organi inquirenti dello strumento investigativo più importante, l’intercettazione telefonica, appunto, attraverso la quale tanti successi sono stati ottenuti contro il crimine organizzato.  Riteniamo pertanto necessaria una protesta straordinaria contro questo pericoloso e illiberale decreto, e il nostro “rumoroso” silenzio, assieme a quello di tutti gli altri giornalisti italiani, ne vuole essere espressione. 

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