Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha promulgato la legge che modifica le disposizioni sulla legittima difesa, nel farlo ha inviato, però, ai presidenti delle Camere e al presidente del Consiglio, una lettera con alcune considerazioni in tema di interpretazione della legge in conformità con la Costitutuzione e alcuni rilievi su un paio di punti contraddittori.
Non è un atto formale di rinvio alle Camere e quindi non presuppone una ridiscussione della legge, ma una segnalazione al Parlamento e al Governo, riguardo a un paio di errori materiali, che suona come un invito a correggerli tempestivamente (con un decreto?) prima che arrivino a creare complicazioni e ingiustizie sostanziali nelle aule dei Tribunali, e forse contiene anche un implicito chiarimento destinato indirettamente ai cittadini, perché comprendano bene, al di là dei tweet e dei proclami, che cosa possano e non possano realisticamente attendersi dalla nuova legittima difesa sapendo che la Magistratura è tenuta, salvo rinviare il problema alla Consulta, a un’interpretazione conforme alla Costituzione.
«Il provvedimento» - scrive Mattarella nella lettera - «si propone di ampliare il regime di non punibilità a favore di chi reagisce legittimamente a un’offesa ingiusta, realizzata all’interno del domicilio e dei luoghi ad esso assimilati, il cui fondamento costituzionale è rappresentato dall’esistenza di una condizione di necessità». Il che vuol dire che laddove non c’è «necessità» si verifica qualcosa di diverso che legittima difesa non è, a fronte del quale questa legge non agisce. Perché diversamente si andrebbe in urto con quanto prescritto dalla Costituzione.
Ricorda che «la nuova normativa non indebolisce né attenua la primaria ed esclusiva responsabilità dello Stato nella tutela della incolumità e della sicurezza dei cittadini, esercitata e assicurata attraverso l’azione generosa ed efficace delle Forze di Polizia», che è lo stesso che dire che i cittadini non possono presumere di, di qui in poi, sostituirsi alle Forze dell’ordine e che la nuova legge non può essere per lo Stato un alibi per lasciare i cittadini a difedendersi da sé.
Quindi passa ad analizzare la norma con lo sguardo del giudice costituzionale, abituato a porsi il problema dell’interpretazione di norme in senso conforme alla Carta, e precisa: «È evidente che la nuova normativa presuppone, in senso conforme alla Costituzione, una portata obiettiva del grave turbamento e che questo sia effettivamente determinato dalla concreta situazione in cui si manifesta». Significa che per attestare il «grave turbamento» non basterà la dichiarazione soggettiva della persona coinvolta, ma si dovrà provare l’esistenza di turbamento riscontrabile oggettivamente in qualche modo, dai fatti, dalla dinamica, dalle circorstanze.
Da ultimo Mattarella rileva che due punti della legge mostrano incongruenze. Il primo, all'articolo 8, dove la legge prevede che le spese di giudizio siano a carico dello Stato soltanto per chi si difende legittimamente nel proprio domicilio, escludendo di fatto dal beneficio chi si difende altrettanto legittimamente in luoghi diversi. Il secondo laddove la norma limita la sospensione condizionale, subordinandola al risarcimento del danno, soltanto in caso di condanna per furto in appartamento e furto con “strappo” e non, invece, in caso di rapina, che pure è altrettanto e talvolta più pericolosa di uno scippo. Un trattamento differenziato - che rischia di tutelare di meno le vittime del reato potenzialmente più grave - che il presidente definisce: «Non ragionevole».