Fulminante, irriverente, sempre sorprendente. Non si sa bene cosa stupisca di più di Rat-Man, se la verve incontenibile o i lampi di assoluta serietà. O magari trovare entrambi nella stessa vignetta. In quasi vent’anni Leonardo “Leo” Ortolani non ha mai smesso di alzare il tiro, facendo crescere − con la sua voglia di nuove sfide − intere generazioni di lettori. La storia del supereroe vestito da topo sembra ora avviarsi verso la conclusione. E nella saga conclusiva torna a fare capolino persino Dio. Si può alzare il tiro più di così?
Ortolani, cosa l’ha sorpresa di più in questo lungo cammino con Rat-Man?
«La lunghezza, come direbbe Cinzia, la trans che ama perdutamente Rat-Man. Ma dal momento che sono uno che ama(va) il trekking con tanto di zaino sulle spalle, camminare così a lungo non è mai stato un problema. Più che altro per la bellezza dei luoghi attraversati. E del resto, siamo davvero sicuri che l’avventura sia finita?».
Il motto del suo eroe è: «Fletto i muscoli e sono nel vuoto». Un salto nel buio, uno slancio coraggioso, un atto di fede. Com’è nato?
«Si buttava giù da un tetto. Sperando ci fosse un’asta di bandiera sotto, cui afferrarsi. Un atto di fede, come lei dice giustamente. Ma Ratty ha sempre avuto questa fede nella provvidenza di aste. E, in fondo, anche iniziare quel cammino di cui parlavamo è stato un salto nel vuoto. Per fortuna eravamo a pianterreno».
Questo settimanale s’intitola Credere, che è un po’ la forza di Rat-Man: crede nei supereroi anche se ne scopre limiti e bugie. Crede al punto che le loro storie si avverano nella sua vita. Cosa significa “credere”?
«Ah, ma dai, stavo per fare la stessa domanda! Cosa vuole che dica io, che sono uno di quelli che crede che se ti comporti male Dio ti interrompe la connessione a Internet? Forse non bisognerebbe sforzarsi di credere. Forse bisognerebbe solo allargare le braccia e abbracciare le cose, con fiducia. Almeno credo».
Lei riesce a parlare di Dio a tanti giovanissimi senza essere serioso o bigotto. Come si fa? E perché tanti non ci riescono?
«Be’, non esageriamo, dai. Parlo del “mio” Dio, come faceva Guareschi, che parlava del “suo” Gesù. Lo so che poi Dio non è mica come lo penso io. Io cerco di rendermelo “maneggiabile”. Di rendermelo meno immenso. Perché io ho paura, delle cose immense. Tipo il mare aperto. Il mio è un Dio da spiaggia. Così racconto solo quello che trovo sulla sabbia, il mattino dopo. Segni di Dio. Orme, conchiglie, anche immondizia. Cose che puoi capire».
Nella saga finale Rat-Man vive una crisi delle sue certezze, anche religiose. Ha attraversato anche lei momenti simili?
«Non credo di avere mai avuto certezze religiose, per cui non ho avuto nemmeno delle crisi! La mia è sempre una condizione di dubbio perenne, illuminata a tratti dai fari delle auto che procedono in senso inverso. L’unica cosa bella è che nel buio si vedono le stelle».
Un tema su cui torna spesso è l’essere figli e l’essere padri. Un altro “nodo” dove vita e fede diventano inestricabili.
«Quello dei figli e dei padri è un tema che mi è caro per il semplice fatto di essere diventato papà sei anni fa, cosa che mi ha consentito di esplorare tutta una serie di emozioni ed esperienze che prima mi erano semplicemente precluse. Ho potuto anche rivedere il ruolo di figlio nei confronti di mio padre e ripensare al ruolo di mio padre nei miei confronti, paragonandolo a quello che vivo io, da padre. Una gran confusione, insomma. Però bella. E mi pare che il ruolo del padre sia spesso sottovalutato e relegato in fondo alla grotta, a fianco del bue. Nemmeno si sa che fine faccia, Giuseppe. Eppure si è fatto un mazzo così, per quel figlio che nemmeno era suo. Ecco, io sto dalla parte di quel padre lì».
In uno degli ultimi numeri padre Angelini dice che «la Messa vera è fuori dalle chiese. Dove tutto cambia. E ci vuole coraggio». Come papa Francesco che invita ad andare alle «periferie dell’esistenza».
«Be’, anche questa era facile. Che la tentazione di restare in canonica, che c’è bel fresco, è forte. Invece là fuori, nelle case che crescono attorno al campanile, c’è un sacco di lavoro da fare. Ma tantissimo. Che non hai nemmeno bisogno di andare a cercarlo all’estero, per dire».
Quindi… c’è spazio per l’eroismo, oggi? O meglio, per quale eroismo c’è spazio?
«Allora, diciamo subito che l’eroismo, secondo me, non è solo il gesto di una persona che sacrifica se stessa per salvare altri. È quel gesto lì, ma è anche il gesto di alzarsi tutti i giorni, alle cinque di mattina, per andare a lavorare e dare un futuro alla propria famiglia. È l’impegno che un insegnante si prende, di seguire i suoi studenti nell’esperienza dello studio. È anche fare bene il proprio lavoro quando nessuno ti guarda. Se c’è posto per l’eroismo? Ogni volta che sentiamo che dovremmo fare qualcosa e che ci costa fare quel gesto. Nessuno farà dei blockbuster sulla nostra vita ma, visti i risultati degli ultimi film sui supereroi, in fondo è meglio così. Credetemi».
La biografia. IL GEOLOGO CHE DIVENTÒ FUMETTISTA
Leonardo “Leo” Ortolani si è laureato in Geologia prima di dedicarsi al fumetto a tempo pieno. Vive a Parma con la moglie Caterina e le figlie Johanna e Lucy Maria, di cui ha raccontato l’avventurosa adozione nel libro Due figlie e altri animali feroci. Grandissimo appassionato di storie, è un lettore a 360 gradi. «Oltre i romanzi di Paolo Nori, viaggio su quel che mi passa Caterina, che legge più di me e mi seleziona moltissimo. Il prossimo sarà La donna della domenica di Fruttero e Lucentini. Che io, lasciato a me stesso, leggevo anche Banana Yoshimoto». Sui film è onnivoro, ma esigentissimo. «Posso passare da Olmi a Fast & Furious, l’importante è che il film sia interessante. A volte viene profuso denaro a fiumi per pellicole noiosissime, mentre basta poco e vengono fuori gioiellini come La parola ai giurati o Troll Hunter». Sui fumetti, approfittiamo per chiedere consiglio: un autore da tenere d’occhio? «Non ho dubbi: Giacomo “Keison” Bevilacqua. Unisce capacità grafica e narrativa con una naturalezza sbalorditiva. Il suo ultimo libro, Il suono del mondo a memoria, solo per le immagini e la colorazione, è una cosa preziosa».
LO CHIAMANO “VENERABILE”
La lunga gavetta nel mondo del fumetto e lo stretto legame che Leo ha saputo stringere con generazioni di appassionati gli è valso il soprannome di “Venerabile”. Un po’ perché Leo ama scherzare sulla sua età (è nato nel 1967), un po’ perché le nuove generazioni di autori lo riconoscono come un punto di riferimento. «Leo è sempre stato per me un modello», dice Giacomo Bevilacqua, noto per la serie A Panda piace. «Lo era e lo è tuttora dal punto di vista professionale, ma, da quando ho la fortuna di poterlo chiamare amico, lo è diventato anche sul piano personale. Perché nella vita non si incontrano tante persone di cui si è sicuri al cento per cento che non ti deluderanno mai, qualsiasi cosa dicano o facciano. E Leo, per me, è una di quelle, mano sul fuoco. E io con la mano ci lavoro». Il 10 dicembre Ortolani è alla fiera Più libri, più liberi di Roma per parlare del suo Cinemah presenta… Il buio in sala.
CHI È RAT-MAN
Il personaggio che ha portato Ortolani al successo nasce quasi per caso, come una parodia. Dal 1997 la serie è pubblicata dalla Panini Comics. I suoi improbabili protagonisti sono…
Rat-Man – Un quarantenne senza superpoteri vestito da topo. Un idiota o un eroe? Ha il cervello dell’uno e il cuore dell’altro. Scegliete voi quale.
L’Ombra – Il grande nemico. Al male piacciono le sfumature. Meglio se sono 50.
Valker – Servo dell’Ombra e, nella migliore tradizione, padre dell’eroe: «Io sono tuo padre!»
Brakko & family – Ispettore di polizia e miglior amico di Rat-Man. L’unico che può batterlo in… “intelligenza”.
Cinzia – Transessuale platinato e fidanzata di Rat-Man. Dice lei. Dice lui. Rat-Man nega due volte.
Padre Angelini – La guida spirituale di Rat-Man, che è il parrocchiano che nessun prete vorrebbe.
Thea – Il grande amore di Rat-man, scomparsa a inizio serie. O forse no?
Foto di Carlo Gianferro