Leopardi, il giovane favoloso, il bel film che Mario Martone ha dedicato al nostro poeta, approda in Francia e il regista, in un'intervista a Le Monde, si lascia andare ad alcune affermazioni assai discutibili.
In sintesi, due sono le idee che Martone affida al giornale francese. La prima: Leopardi è un autore rimosso, dimenticato dagli italiani e in particolare nelle scuole, che lo insegnerebbero in maniera approssimativa, tacendo la dimensione ribelle insita nel suo pensiero. La seconda: tale rimozione, che coinvolge buona parte dell'Ottocento e del Risorgimento, sarebbe dovuta al fatto che un Paese cattolico come il nostro fatica a riconoscere che il nostro più grande poeta era ateo.
Entrambe le affermazioni sono sostanzialmente infondate ed eccessive, forse dettate dall'esigenza di attirare l'attenzione sul film in uscita, strizzando l'occhio a una nazione che della cultura laica e laicista ha fatto una bandiera. La prima tesi di Martone è smentita dalla realtà storica della scuola italiana: non solo Leopardi è presente nei programmi, ma occupa giustamente una posizione centrale. Chiunque abbia frequentato la scuola media o superiore italiana ha "dovuto" confrontarsi con il poeta di Recanati, cimentarsi con il pessimismo cosmico e la natura matrigna, imparare a memoria gli splendidi versi dell'Infinito, Silvia, Il sabato del villaggio... E generazioni di insegnanti possono raccontare che persino i ragazzi più svogliati, di fronte a certi versi e certe inquietudini, si sono destati dal loro torpore.
Sostenere il contrario, come fa Martone, è in realtà funzionale alla seconda tesi: Leopardi sarebbe stato rimosso e studiato al massimo come uno sfortunato rachitico e gobbo a causa di una sorta di egemonia cattolica sulla nostra cultura. Strana teoria, in un Paese dove, fino all'altro ieri, si è parlato di egemonia della sinistra, non esattamente affine al mondo cattolico. Senza contare che buona parte della manualistica, ovvero dei testi che finiscono nelle mani dei ragazzi, porta le firme di autori che è sicuramente più appropriato definire laici che "credenti". E chi li ha pensati e codificati, i programmi scolastici e la critica letteraria su cui sgobbano insegnanti e alunni italiani? Come ricorda Galli della Loggia sul Corriere della sera, sono un'emanazione del pensiero di gente come Croce, Gramsci, Salvemini, Chabod, De Felice... Anche qui, non si ravvisano grandi amici della cultura cattolica.
Paradossalmente, a confutare le affermazioni di Martone è l'accoglienza riservata al suo stesso film in Italia. I cospicui incassi e la consistente presenza fra il pubblico dei giovani testimoniano un Paese tutt'altro che chiuso al messaggio di Leopardi.
A proposito: lungi da noi il voler convertire a posteriori il poeta, minimizzando la portata della sua filosofia, della sua visione tragica della vita, del suo pessimismo, di una natura matrigna che prende in giro l'uomo. Eppure, in questa disperata ricerca dell'assoluto che è la cifra autentica della sua vita e delle sue opere, è impossibile non percepire l'anelito umano a qualcosa di più grande, a una trascendenza nella quale "persino" chi crede in Dio non può non identificarsi. Così come è impossibile non riconoscersi, anche per un credente, nel portentoso invito agli uomini a unirsi fraternamente fra di loro contro il male di vivere, magnificamente cantato nella Ginestra.
Altro che Leopardi rimosso a causa di un'ideologia o di un'egemonia cattolica. Qui sembra agire, ancora, un pregiudizio laicista...