Ingredienti, valori nutrizionali, data
di scadenza... Quando acquistiamo
un prodotto alimentare, spesso,
vorremo qualche informazione
in più. Qualche dato supplementare che
ci aiuti a scegliere con maggiore consapevolezza
che cosa mettere nel carrello,
tenendo conto, per esempio, del luogo
e della modalità con cui le materie prime
sono state coltivate o allevate, del tipo
di azienda produttrice, della filiera e
dell’impatto ambientale.
Negli ultimi anni anche a livello europeo
si sono studiate norme più severe
per l’etichettatura dei prodotti agroalimentari,
nel tentativo, tra l’altro, di
arginare il fenomeno della contraffazione
e delle agromafie. Lo sforzo è confluito
nell’applicazione del regolamento del
25 ottobre 2011 (entrato in vigore l’anno
scorso), che disciplina l’etichettatura degli
alimenti preimballati, ma che ancora
non convince in fatto di trasparenza al
consumatore finale.
In realtà, un’etichetta davvero trasparente
esiste da 35 anni: è stata ideata dal
professor Mario Pianesi nel 1980 ed è
già stata adottata, in Italia, da decine di
aziende. L’etichetta trasparente pianesiana,
in aggiunta alle informazioni previste
dalla normativa vigente, riporta tutto
quel che è importante sapere sull’origine
e le caratteristiche di ogni prodotto e i dati
fondamentali sul suo impatto ambientale
(la quantità di Co2 prodotta, di acqua
ed energia utilizzate). Nel 2003, l’etichetta
pianesiana è stata presentata al Senato
della Repubblica, e, più di recente, al Parlamento
europeo (nel 2008 e nel 2014).
L’11 marzo di quest’anno è stata oggetto
di un convegno promosso da Coldiretti
in collaborazione con la Regione Lombardia,
dal titolo “L’etichetta trasparente
pianesiana: per la tutela dell’ambiente e i
diritti dei consumatori”.
«L’Europa è il più grande importatore
di alimenti del mondo», sottolinea Rolando
Manfredini, il capo area della sicurezza
alimentare e produttiva di Coldiretti.
«Il cibo ha filiere alimentari sempre più
lunghe, costose, con un grande impatto
ambientale e per i consumatori è sempre
più importante sapere da dove arriva
un alimento e come viene prodotto». Anche
perché il 52 per cento del cibo oggi in
commercio in Italia non presenta l’indicazione
d’origine, ma risulta italiano anche se la materia prima viene dall’estero
e il prodotto è stato semplicemente lavorato
nel nostro Paese. «Per fare un esempio
», prosegue Manfredini, «la metà delle
mozzarelle italiane sono prodotte, in
realtà, con latte che viene dall’estero».
Informare chiaramente il consumatore
finale su origine, qualità e tracciabilità
di quel che acquista, oltre a permettere
di scegliere in modo davvero consapevole,
presenta molti vantaggi a livello più
ampio:
- Tutela del Made in Italy e battaglia
alle frodi alimentari. «Circa un terzo
della produzione complessiva degli agroalimentari
venduti con il marchio Made
in Italy contiene materie prime straniere
di cui non si conosce l’esatta origine e la
qualità», fa notare l’avvocato Claudio Maruzzi.
L’etichetta trasparente pianesiana,
indicando, ad esempio, l’origine del seme,
non permette di nascondere il luogo
di provenienza degli ingredienti primari.
-
Sicurezza alimentare. «Etichettatura
trasparente pianesiana è una sicurezza rispetto
al dilagare di alimenti provenienti
dalla Cina, o da altri Paesi dove non vigono
le giuste norme di controllo sui prodotti
utilizzati per coltivare o per alimentare
gli animali da carne». Osserva l’onorevole Cristiana Muscardini, che ha presentato al
Parlamento Europeo la proposta di risoluzione
sul riconoscimento dell’etichettatura
trasparente per i prodotti alimentari.
«Ma è anche importante in vista dell’accordo
tra l’Unione europea e gli Stati Uniti,
in quanto negli Usa sono consentiti gli
Ogm nell’agricoltura e altre sostanze da
noi proibite nell’allevamento».
-
Salute della popolazione. Una popolazione
che sceglie e mangia meglio è meno soggetta ad ammalarsi. Ne consegue
un risparmio in termini di spese sanitarie.
- Riduzione dell’impatto ambientale.
L’etichetta pianesiana riporta acqua
ed energia consumate e quantità di Co2
generata nella produzione dell’alimento.
Un incentivo in più, per il consumatore,
a preoccuparsi del nostro Pianeta anche
quando fa la spesa, e per il produttore a
contenere l’impatto ambientale dell’azienda.