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Libano, il confine della guerra infinita

10/02/2015  Il confine Sud, quello con Israele, è stato luogo di scontri anche di recente. Le difficoltà nel mantenere la pace per le forze internazionali.

Generale Stefano Del Col, comandante Brigata Pinerolo, base Shama, sede del contingente italiano (foto R. Gobbo).
Generale Stefano Del Col, comandante Brigata Pinerolo, base Shama, sede del contingente italiano (foto R. Gobbo).

Il telefono del generale Luciano Portolano, capomissione e comandante della forza Unifil (United Nations Interim Force in Lebanon), contingente Onu dispiegato nel Libano del sud, a ridosso della linea blu di demarcazione con Israele, in questi giorni è stato rovente. Discussioni bilaterali, al telefono, ma anche “de visu”, con esponenti dell’esercito israeliano, e con esponenti delle Laf, le Forze armate libanesi. Fra qualche giorno ci sarà la riunione mensile del Tripartito (l’incontro fra libanesi e israeliani con la mediazione del comandante Unifil con l’obiettivo di stemperare le tensioni e stabilire opportune misure di sicurezza per mantenere la stabilità dell’area), e lì le due parti dovranno guardarsi in faccia, e riprendere un dialogo costruttivo. «Ovviamente, l’emergenza era fermare gli scontri per evitare un’escalation al negativo della situazione. Il comandante ha chiesto moderazione ad entrambi», spiega il portavoce di Unifil, Andrea Tenenti. E le parti hanno fatto prevalere il buon senso.

Mercoledì 28 gennaio, dalla zona a nord del Wazzani Maysat, sotto controllo Unifil, Hezbollah (partito libanese sciita) aveva lanciato sei razzi contro gli israeliani, uccidendo il capitano Yochai Klengel e il sergente Dor Nini. Israele aveva reagito bombardando le postazioni dei miliziani sciiti, che nel frattempo avevano rivendicato l’azione, facendo intendere che si trattava della risposta all’attacco di qualche settimana fa, quando un missile israeliano aveva centrato nel Golan, in Siria, il pick up che trasportava sei Hezbollah e un generale di Teheran. Nell’azione di mercoledì, è rimasto ucciso anche il casco blu spagnolo caporale Francisco Javier Soria Toledo, colpito dal fuoco di risposta israeliano. Nel pomeriggio, altri razzi sono stati sparati dalla zona delle fattorie di Shebaa (si tratta di 14 fattorie che si trovano a Shebaa, villaggio libanese sulle pendici occidentali del monte Hermon, punto di incontro fra i Paesi di Siria, Libano e Israele.

La regione è rimasta sotto controllo israeliano anche dopo il ritiro, nel 2000, delle forze armate israeliane dal Libano meridionale. Resta area contesa: Hezbollah la considera propria, così come Israele che, dopo la vittoria, nella guerra del 1967, l’ha annessa unilateralmente, ndr) verso Israele, che ha risposto con l’artiglieria. «Dopo l’attacco nel Golan e l’uccisione dell’esponente della resistenza, ci aspettavamo una risposta da Hezbollah – afferma il colonnello Domenico Occhinegro, capo cellula pubblica informazione del settore ovest di Unifil, a comando italiano (Brigata Pinerolo, guidata dal generale Stefano Del Col), che ha sede nella base “Millevoi” di Shama -; ovviamente, non sapevamo né dove, né quando sarebbe avvenuto -. Di normale in Libano non esiste nulla, nel 2006 è cominciato così, poi è degenerato in una guerra, certo ora non c’è interesse ad aprire un nuovo conflitto che per Israele costerebbe troppo, in termini economici. Unifil ha un compito di mediazione, se non fossimo qui, sicuramente – lo sottolineo -, la cosa non si sarebbe arrestata così velocemente».

In effetti, la calma sembra essere tornata dopo l’intervento di Unifil. Israele ha anche detto di aver ricevuto un messaggio da Hezbollah, che dichiara di non avere intenzione di proseguire nelle violenze. Nessuna conferma ufficiale è arrivata dagli esponenti sciiti. «Come Unifil, oltre che con gli eserciti, abbiamo canali aperti con le autorità politiche, il primo ministro, lo speaker del parlamento – spiega il colonnello Tenenti -, ma con i partiti politici. Dal tardo pomeriggio di mercoledì, la situazione è “apparentemente” tranquilla, la volontà delle parti sembra essere quella di mantenere la stabilità. Ovviamente, l’allerta è massima, abbiamo incrementato i pattugliamenti sia sul terreno, che per quanto attiene lo spazio aereo e navale».

E anche Israele ha rafforzato le misure di sicurezza al confine con il Libano. Che in realtà non è un vero confine ma, appunto, una linea di demarcazione (Blue Line), stabilita dalla Risoluzione 1701 del Consiglio di sicurezza dell’Onu - dopo l’attacco di Hezbollah a Israele il 12 luglio 2006, e la conseguente campagna militare israeliana, che causarono centinaia di vittime e feriti, oltre a enormi danni alle infrastrutture civili e centinaia di migliaia di profughi -, il cui rispetto è garantito proprio dalla presenza dei circa 11mila peace-keepers di Unifil (provenienti da 37 Paesi; 1.100 italiani), al comando del generale Luciano Portolano, che fungono da “forze cuscinetto” tra i due contendenti.  «Il generale Portolano – riprende Tenenti – ha condannato con forza l’attacco, che rappresenta una grave violazione della Risoluzione 1701. Ed è stato uno degli incidenti più gravi dal 2010, quando il taglio dei rami di un albero, in territorio conteso, determinò uno scontro a fuoco, che causò la morte di quattro persone, tre libanesi e un israeliano».

Nonostante la prima reazione del premier israeliano, Benjamin Netanjahu, che aveva bollato l’attacco come «il più grave dal 2006», con la minaccia ad Hezbollah che «avrebbe pagato un caro prezzo», la situazione è, quindi, tornata alla calma, come auspicato anche dal segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, che aveva subito invitato entrambe le parti «ad astenersi da qualsiasi azione che possa minare la stabilità dell’area». Netanyahu è stato chiaro nell’identificare nell’Iran il mandante dell’attacco. Tuttavia, egli non ha certo interesse ad un’escalation della violenza, date le imminenti elezioni politiche (17 marzo); i fatti del Golan sono diventati subito oggetto di “battaglia” elettorale.

A dare manforte ad Unifil, è giunto anche il coordinatore speciale dell’Onu per il Libano, Sigrid Kaag, che ha incontrato il premier libanese, Tammam Salam, e a lui ha ribadito l’appello a  «esercitare cautela e moderazione per evitare qualsiasi azione che possa destabilizzare la situazione». Uno strascico, però, c’è stato: il 30 gennaio, raffiche di fucile sono risuonate nei quartieri sciiti di Beirut sud, quando miliziani Hezbollah hanno sparato in aria per rendere omaggio al loro leader Seyed Hassan Nasrallah, che stava tenendo un discorso, nel quale sottolineava: «non vogliamo luna guerra, ma non la temiamo»; poi il “programma futuro”: «d’ora in poi, ogni volta che un membro di Hezbollah verrà assassinato, riterremo Israele responsabile e ci riserveremo il diritto di rispondere in ogni luogo e in qualsiasi modo decideremo».

Giovedì 29, al  mattino, c’è stata una breve cerimonia all’aeroporto di Beirut; lì, dal settore est, dove operano gli spagnoli, è arrivata la salma del caporale Soria Toledo, poi imbarcata per la Spagna. Il capo del governo spagnolo, Mariano Rajoy e il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, hanno concordato un’indagine congiunta sulla morte del casco blu per capire la dinamica. E un’inchiesta è stata aperta anche da Unifil. «Quando arriveranno i risultati, sarà l’ora di chiarire se, quando, e a chi, attribuire la responsabilità», ha affermato il ministro spagnolo degli esteri, José Manuel Garcia Margallo. Intanto, alle 14.30 di ieri il feretro del caporale Javier, 36 anni, è atterrato a Siviglia, nella base di Moron de la Frontera. E oggi si sono svolti i funerali nella base della brigata Guzman El Bueno, a Cerro Muriano (Cordova), dove il casco blu è stato insignito a titolo postumo della Croce al merito militare.

 
 
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