Shama, Libano meridionale
L'atmosfera è malinconica ma allo stesso tempo serena fra chi sa di dover trascorrere il Natale in Libano. «Si fa gruppo perché - come spiega
don Fausto, cappellano militare - l'unione e la vicinanza umana è ciò spinge ad andare avanti. Per molti soldati sarà un
Natale lontano migliaia di chilometri da casa – aggiunge – ma che con il contributo dell'intero reggimento dei Granatieri di Sardegna, si cercherà di scaldare ricreando un'atmosfera di comunione e di familiarità».
In parte don Fausto, mantovano di origine - ci è già riuscito, nonostante sia arrivato a
Shama solo da poche settimane. Ha formato un coro all'interno della cappella Regina Pacis dove si terrà una particolare messa di mezzanotte: un gruppo di soldati riarrangia, infatti, pezzi pop del panorama musicale internazionale dal forte sentimento cristiano come «I still haven't found what I'm looking for» degli U2 - Non ho ancora trovato quel che sto cercando - che, suonata di sera, per le prove della santa messa di Natale, dà le stesse emozioni di un coro gospel. .
La voce è quella di un giovane soldato salernitano di trent'anni, Gianluigi Sabbarese,
che spiega: «In missione si può e si deve ricreare la normalità della
vita trascorsa a casa, è fondamentale per non sentirsi estraniati». C'è
poi un video clip realizzato dall'Ufficio Pubblica informazione
di stanza a Shama – guidato dal Maggiore Fabiano Feliciani - che
riassume tutte le fasi di preparazione degli otto alberi di natale
allestiti in base, quattro solo in chiesa, e dei presepi realizzati dai
militari italiani nelle diverse sezioni ed uffici. Le immagini montate
dal caporal maggiore scelto Francesco de Chirico mostrano i volti e i
sorrisi dei caschi blu italiani. Il sorriso è una componente che non manca affatto fra i soldati in missione all'estero.
Come quello del caporal maggiore Giorgia Aureli,
24 anni di Camerino, giovane sminatrice del Sesto Reggimento Genio
Pioneri di Roma - guidato in Libano dal colonnello Maurizio Todaro. Lei,
come altri colleghi, è impegnata sull'altura del villaggio di
Yanine sui campi minati a confine con Israele. Sa perfettamente perché è
lì e il sorriso si stempera quando spiega il valore della missione:
«Per me è una soddisfazione creare il varco per poter piantare i blue
pillar. Lavoriamo di squadra e siamo qui per questo».
È la sua prima missione all'estero e – dice – non sarà l'ultima. Non sarà la loro ultima volta a Shama neanche per i ragazzi del “Mosan Center” – ospiti per il Natale nella base italiana. Il Mosan si trova a Tiro ed è un centro di recupero per bambini e ragazzi affetti dalla sindrome di down. Una struttura che è frutto della collaborazione tra i civili libanesi e il contingente italiano nell'ambito delle attività Cimic. Il sorriso dei bambini del Mosan è contagioso e il loro abbraccio lascia intenerire anche i soldati. Il maresciallo Massimo Carangelo, Pubblica Informazione dello Stato Maggiore della Difesa, non può che rispondere con lo stesso affetto quando una bambina lo stringe come se lo conoscesse da sempre.