Oggi Genova si è svegliata invasa da migliaia di
persone per la diciassettesima Giornata della Memoria e dell'Impegno in ricordo delle
vittime delle mafie, promossa dall'associazione Libera e Avviso Pubblico
per ricordare tutte le vittime innocenti delle mafie.
La giornata tradizionalmente si svolge ogni anno il 21 marzo, primo giorno di primavera, ma quest'anno è stata anticipata a sabato 17 marzo per favorire la massima partecipazione di quanti sono giunti da
ogni parte d'Italia.
La marcia è diventata il simbolo della speranza
che si rinnova ed è anche occasione di incontro con i familiari delle vittime
che in Libera hanno trovato la forza di risorgere dal loro dramma, elaborando
il lutto per una ricerca di giustizia vera e profonda, trasformando il dolore
in uno strumento concreto, non violento, di impegno e di azione di pace.
Quasi centomila persone, secondo la stima degli
organizzatori, che hanno raggiunto Genova da tutta Italia: 600 pullman,
due treni speciali regionali, 500 familiari in rappresentanza di un
coordinamento di oltre 5.000 che hanno colorato le strade del centro di Genova
con lo slogan "Genova Porta d'Europa".
Genova è stata scelta, sostiene Andrea Campinoti, sindaco di Certaldo e Presidente di Avviso Pubblico perché “sempre più inchieste dimostrano che i boss
"inquinano" con i loro sporchi affari anche territori meravigliosi
come quello ligure, corrompono, condizionano le scelte della politica e la vita
dei cittadini onesti”.
Un obiettivo già raggiunto nelle giornate genovesi
di preparazione alla marcia è stata la decisione del Governo di svolgere i
funerali di Stato per il sindacalista ucciso dalla mafia Placido Rizzotto.
«Fin dalla sua fondazione Libera ha chiesto che
si facesse di tutto per restituire alla famiglia il corpo di Placido Rizzotto,
perché abbiamo sempre pensato fosse un problema di dignità e di democrazia – ha
spiegato don Luigi Ciotti lungo il percorso del corteo – e fu proprio Libera a
portare nella giornata della Memoria un capo di Stato, Oscar Luigi Scalfaro, a
Corleone insieme al nipote Placido Rizzotto. Era un sogno che abbiamo condiviso
con la sua famiglia, e allora ben vengano i funerali di Stato pensando a lui e
ai tanti altri di cui oggi non sappiamo ancora nulla».
Mentre migliaia
di persone raggiungono il palco per il comizio finale nel porto vecchio di
Genova, riecheggiano nelle strade i nomi delle oltre 800 vittime delle
mafie. Emanuele Notarbartolo, sindaco di Palermo è la prima vittima eccellente
della mafia nel 1893: nel ricordo del suo impegno si apre la lunga lista dei
nomi che vengono letti e che si conclude, nella voce del procuratore di Torino
Giancarlo Caselli, con la memoria anche di tutti quelli di cui non si conosce
ancora oggi il nome.
Una giornata che
ha avuto anche il sostegno del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano
il cui messaggio ha sottolineato “la
fiducia nel principio di legalità per favorire una crescita civile e un
riscatto sociale”.
Dal palco del
porto antico Margherita Asta, a nome di tutti i famigliari delle vittime, ha
evidenziato il dovere della responsabilità della memoria e come occorra
“conoscere la verità e fare affermare la giustizia per potere scrivere la
storia con una pagina nuova”.
Don Luigi Ciotti, anima e motore di Libera, ha concluso la giornata
sottolinenando come oggi non sia più pensabile delegare ad altri quello che dovrebbe
essere il nostro dovere civico. Nel silenzio del porto antico Ciotti ha gridato
la propria rabbia per il tentativo di depotenziare il concorso esterno in
associazione mafiosa che è oggi “indispensabile e utile alla magistratura”. Nella
certezza dei diritti per tutti, ha detto il sacerdote e fondatore del gruppo
Abele, il rischio che la zona grigia sfugga alla possibilità di essere indagata
è troppo elevato. La stessa zona grigia di cui parlava Giovanni Falcone nel
1992 pochi mesi prima di essere ammazzato con il tritolo insieme alla moglie e
agli agenti di scorta, cioè quegli elementi di contiguità, quelle alleanze e connessioni
con parte della politica, dellle Istituzioni, con alcuni professionisti che
risultano essere al servizio delle mafie, sembrano trovare un terreno fertile
per attecchire nuovamente.
Occorre invece,
ha concluso Don Luigi Ciotti, “rafforzare le leggi contro i corrotti, sostenere
la agenzia per i beni confiscati alle mafie rafforzando sia il personale che
oggi fatica a gestire le migliaia di beni immobili confiscati sia individuando
modalità per eliminare le ipoteche bancarie su quei beni che, in moltissimi
casi, ne impediscono un riutilizzo sociale.