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domenica 06 ottobre 2024
 
 

Liberi di esprimersi, ma senza offendere

15/02/2015  Si è tenuto ieri, sabato 14 febbraio, a Mantova l'incontro "Laicità e fede: libertà di espressione" organizzato dalla Diocesi virgiliana che ha visto, a poche ore dall'attentato di Copenaghen e a più di un mese da quello di Parigi al settimanale satirico Charlie Hebdo, confrontarsi il vescovo, monsignor Roberto Busti, con il direttore del Corriere della Sera, Ferruccio de Bortoli e padre Francesco Occhetta di Civiltà Cattolica.

«Anch’io riesco a sentirmi la matita spezzata che può dar vita a due punte. Ma non disegnerò mai qualcosa che possa apparire disprezzo per i sentimenti più profondi e personali che devono orientare la vita al bene». Così il vescovo di Mantova, monsignor Roberto Busti, ha chiuso il dibattito su “Laicità e fede: libertà di espressione”, con il direttore del Corriere della sera, Ferruccio de Bortoli, e padre Francesco Occhetta di Civiltà Cattolica, organizzato dalla diocesi virgiliana poche ore prima dei fatti di Copenaghen, dove due persone sono morte a seguito degli attentati alla sinagoga e a un locale che, nella ricordo della strage di Charlie Hebdo, ospitava una conferenza sull'Islam.

Per il Vescovo di Mantova non si può offendere la fede di nessuno, né si possono prendere in giro le convinzioni intime. «Una fede vera in Qualcuno o qualcosa di trascendente – ha detto Busti – assume un valore e ha radici così profonde da inserirsi tra le realtà costitutive della struttura umana e della cultura sociale». Il Vescovo ha poi allargato l'orizzonte della sua riflessione: «L'attacco al negozio Kosher ebraico e la nazionalità francese degli attentatori – ha aggiunto riferendosi a quanto avvenuto a Parigi a inizio anno – sono segni che dimostrano come non dobbiamo limitarci a parlare solo di stampa, libertà di espressione o offese all'Islam. Oggi abbiamo a che fare con diverse concezioni di civiltà e, quindi, dobbiamo discutere della possibilità di convivenza tra culture che ormai stanno insieme e si confrontano fianco a fianco nella quotidianità più semplice».

Anche per padre Occhetta il tema da affrontare è più ampio e riguarda la nostra società. «Se ascoltiamo troppo le emozioni – è stato lo spunto del suo ragionamento – finiamo con il criminalizzare l’Islam e gli immigrati. Non possiamo farlo perché si innesca una spirale di morte. Interroghiamoci piuttosto sul fatto che un attentatore di Parigi sia stato “rieducato” in un carcere francese e che gli altri due si siano “formati al terrore” con il web e la rete». E per tornare al tema della libertà di espressione e ai suoi ipotetici confini: «Ognuno di noi – ha affermato, ricordando una riflessione del filosofo Emmanuel Lévinas, in merito alla vicenda di Caino e Abele – è sempre il “custode del proprio fratello”. E lo è in quanto “essere morale”. Il mondo non si divide tra credenti e non credenti, bensì tra uomini morali e uomini che morali non sono. Quando si abdica alle proprie responsabilità, ai propri doveri, si smette di essere dei veri “uomini morali”».

Ferruccio de Bortoli, chiamato a rappresentare nel dialogo con il Vescovo e padre Occhetta l'importanza della laicità come garanzia di tutte le libertà compresa quella di espressione, ha spiegato che molte vignette di Charlie Hebdo non le avrebbe pubblicate perché le ritiene offensive. «Ma la libertà di espressione – ha detto il direttore del Corriere della sera – non può avere limiti se non nella coscienza di ognuno. Uno stato di diritto non disciplina per legge la libertà di espressione, anzi tutela il diritto a essere orgogliosamente irresponsabili. Per questo, ad esempio, sono contrario alla condanna, in Francia, del comico Dieudonné per essersi schierato dalla parte dei terroristi e all'introduzione, in Italia, del reato di negazionismo. La cifra dell'Occidente è proprio quella di tutelare anche chi ha le opinioni più aberranti e di contrastarlo con la forza delle idee. Questa è la miglior arma democratica che possiamo opporre contro chi ci combatte. Solo mediante il confronto culturale si può arrivare a “eliminare” quello che si rivela nocivo per la dignità umana. Il libero confronto tra più voci è una necessità vitale: nel dialogo fra la nostra voce e un’altra, se la nostra lotta per spegnere l’altra e ci riesce, dopo si spegne inevitabilmente anche la nostra. E nemmeno ce ne accorgiamo».

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