Parole chiarissime. Dopo 11 giorni dall’inizio della crisi libica la diplomazia vaticana si schiera a fianco della rivolta: “Queste manifestazioni esprimono la volontà popolare di una partecipazione attiva e democratica nella gestione del Paese”. Lo ha detto l’Osservatore permanente della Santa Sede presso l’ufficio delle Nazioni Unite a Ginevra, monsignor Silvano Maria Tomasi, ai microfoni della Radio vaticana, al termine della riunione del Consiglio per i diritti umani dell’Onu, che aveva appena espulso la Libia. Tomasi ha espresso anche “sgomento e dolore” per le “tantissime vittime” della repressione , ha chiesto la fine della violenza e ha proposto “un dialogo” per “vedere se si può trovare una soluzione”.
E’ la posizione classica della diplomazia vaticana: il dialogo e il negoziato a qualsiasi costo per evitare altre vittime E’ stessa posizione che durante il pontificato di Giovanni Paolo II era stata tenuta sulle guerre del Golfo. Della crisi libica ha parlato anche il portavoce della Santa Sede padre Federico Lombardi nel suo editoriale settimanale per il Centro televisivo vaticano, nel quale ha definito gli accadimenti “la primavera del mondo arabo”, verso i quali non bisogno avere “paura”, ma proporre gesti di “amicizia”. Lombardi ha sottolineato il ruolo che hanno avuto “i legami con l’emigrazione” nell’elaborazione di “un’idea di libertà e di democrazia”: “Grazie alle nuove possibilità di comunicazione, molti si sentono aperti al dialogo e desiderosi di inserirsi in una comunità mondiale”.