Domenico è un ragazzo che vive
sulle Dolomiti e, benché abbia
solo 12 anni, la sua vita è già
segnata da una doppia assenza: quella
della madre, morta, e quella del
padre, ancora presente ma ormai irriconoscibile,
dedito all’alcol e violento
con il figlio che, comunque,
non smette di cercarlo e di volergli
bene. In fondo, al mondo non gli è
rimasto che lui.
La situazione delicata di questa famiglia
spezzata viene di colpo sottoposta
a un’inattesa svolta. In una
delle tante serate perse al bar, ad affogare
nel vino ricordi, dispiaceri e
sensi di colpa, il padre sfida il disprezzo
dei compaesani, lanciando
una sfida temeraria: avrebbe ucciso
l’orso che stava infestando le loro
montagne; non un orso qualsiasi,
ma “El Diàol”, così chiamato per la
sua ferocia e le spaventose dimensioni.
Alcuni ridono, ma, di fronte alla
determinazione dell’uomo, il riccastro
del posto accetta la scomessa e mette in palio una grossa somma.
A questo punto l’uomo parte per
cacciare l’animale. Non da solo, però:
trascina con sé il figlio, strappandolo
alla scuola e alla vita che spetterebbe
a un ragazzo della sua età. E
qui si svela il senso del suo folle progetto:
è un desiderio di rivalsa nei confronti
di chi lo considera solo un balordo
a muoverlo, certo, ma, ancora
di più, un sussulto di dignità, l’esigenza
di un riscatto, la volontà di mostrare
a sé stesso e soprattutto a Domenico
che lui è un uomo di valore.
Padre e figlio salgono verso i monti
più remoti. La natura dolomitica – in
una descrizione tutt’altro che edulcorata,
restituita in tutta la sua aspra potenza
– diventa protagonista e “costringe”
i due a farsi più vicini, a riconoscersi,
a ricominciare dall’inizio
un rapporto degenerato per le
storture imprevedibili dell’esistenza.
In una delle rare parole pronunciate,
il padre arriverà finalmente a svelare
al figlio i suoi sentimenti più veri...
Fino al momento cruciale, l’incontro
decisivo con El Diàol, al quale
Domenico è stato preparato dal genitore
fin nei minimi dettagli.
Non riveleremo
qui altro della trama, per
non guastare al lettore il piacere della
scoperta, ma vanno evidenziate la
forza e l’originalità di questa intensa
resa dei conti, che metterà inesorabilmente
i due protagonisti di fronte
a sé stessi (sarebbe interessante che
qualche psicanalista si soffermasse
su questo momento).
Racconto di formazione e iniziazione,
La pelle dell’orso di Matteo Righetto
(Guanda) scrive un ulteriore e riuscito
capitolo di quell’infinito romanzo che
sono la famiglia, i rapporti fra padre e
figlio, il bisogno di riscatto.