È una bella sorpresa Effatà (Cavallo di ferro) di Simona Lo Iacono,
un magistrato che coltiva la passione
per la scrittura accanto alla
sua attività professionale.
L’autrice, siciliana, ci porta nella
sua terra nell’immediato Dopoguerra.
Nel Teatro di Siracusa sta provando
una famosa attrice, di origini siciliane,
tornata a casa dopo essersi a
lungo trasferita a Londra, dove aveva
sposato il signor Smith, dal quale
ha avuto il piccolo Nino. Scomparso
l’uomo a causa della guerra – almeno
stando a quello che la madre
dice al figlio – i due tornano appunto
a Siracusa.
Sordomuto dalla nascita, ma capace
di leggere dalle labbra di chi parla,
Nino trascorre le giornate giocando
nella pensione di donna Sarina,
ma soprattutto gironzolando nel teatro
in cui la mamma sta preparando
il nuovo spettacolo. In una delle sue
scorribande, s’infila nella buca del
suggeritore, divenendone amico. Il
maestro di buca si prenderà a cuore
il bambino e la sua sorte – lo chiama “gioia mia” – e comincerà a tastarlo
con degli strani attrezzi...
In parallelo, l’autrice ricostruisce,
basandosi su documenti storici, ma
elaborati letterariamente, gli atti
del processo di Norimberga ad alcuni
medici nazisti, che attuarono un
programma di soppressione dei bambini
con handicap. I due filoni narrativi,
in apparenza estranei l’uno all’altro,
finiranno per intrecciarsi in maniera
sorprendente.
Un protagonista ingenuo e toccante
Riuscito e commovente protagonista
di Effatà è il piccolo Nino, ingenuo
e sveglio, al quale il lettore si affeziona
fin dalle prime pagine, poiché capace
di suscitare partecipazione, amarezza
e sorrisi. Attorno a lui l’autrice
dipinge un mondo che via via prende
forma, dilatandosi in virtù delle
inserzioni dedicate alla storia. Colpisce
l’attenta ricerca stilistica, che
spesso regala frasi di forte effetto,
mai scontate.
Godibile e appassionante, il romanzo
può essere letto come un toccante
omaggio all’infanzia, così spesso
tradita e negata nella storia come
nel presente, costretta ad arrangiarsi
di fronte ad adulti distratti, immaturi,
egoisti se non cattivi (e infatti un
altro personaggio centrale è Marudda,
anch’essa una bambina che ha
dovuto, ancora giovanissima, farsi
madre dei suoi fratelli). È anche un
romanzo di e sulla redenzione, sulla
colpa e sul riscatto, che dà linfa
all’idea che l’amore e la dedizione
possano cambiare il destino degli uomini
e riscrivere, con un finale diverso,
anche ciò che è stato.
La storia di Nino vale infine come
riflessione sul valore della parola,
che non dovrebbe edificare menzogne,
ma illuminare la vita.
Ecco come l'autrice presenta il suo romanzo in un'intervista a Siracusa News.