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lunedì 16 settembre 2024
 
 

Licia Troisi, la mia Roma fantastica

16/06/2014  La più famosa scrittrice di fantasy italiana presenta il suo nuovo romanzo, Pandora, ambientato nella Città Eterna e dice: "Scrivo dell'eterna lotta tra bene e male. La speranza la vedo in mia figlia che ha quattro anni e mezzo"

Con milioni di libri venduti in tutto il mondo, Licia Troisi è l'incontrastata regina italiana del fantasy. E per festeggiare i suoi dieci anni di attività esce Pandora, un urban fantasy che inaugura una nuova saga, ambientata a Roma. «Il successo è una cosa un po' aleatoria, oggi c'è e domani chi lo sa. Intanto mi godo il momento, finché dura».  E lei, che è un'astrofisica e su pianeti lontanissimi, stelle e universi sconosciuti si sente a casa sua. La protagonista è Pam, un'adolescente dark e dai modi un po' ruvidi che scopre di avere dei poteri straordinari quando, aprendo una vecchia scatola, sprigiona dei demoni che solo lei riesce a vedere. La sua vita si intreccia con quella di Sam, un bulletto di periferia che viene posseduto da uno dei demoni mentre vaga con il motorino per le strade di S. Lorenzo. Da quel momento i due ragazzi iniziano la loro battaglia contro le forze oscure che hanno invaso la città eterna.

A cosa ti sei ispirata scrivendo Pandora?
«A una tradizione ebraica che parla dell'esistenza di sei angeli differenti della morte, ognuno dei quali infligge la morte a sei categorie diverse di persone. Poi al mito di Pandora, che ho scoperto essere molto in voga in questo periodo, e infine alla mia adolescenza che è sempre fonte di ispirazione in tutti i miei romanzi».

Com'è stata la tua di adolescenza?

«Esaltante. E' stato un periodo della vita in cui sentivo di avere infinite possibilità. L'essenza dello spirito di quegli anni è racchiuso in una frase del film Come te nessuno mai di Gabriele Muccino, quando verso la fine il protagonista dice: "Non lo so se dopo la morte c'è qualcosa, ma so soltanto che in questo momento mi sento come se non dovessi morire mai". La mia adolescenza è stata accompagnata dalla percezione che esiste solo il presente ed è pieno di un sacco di cose, tutte quante nuove da scoprire e vivere al massimo».

Da una prima lettura, si direbbe che Pam è un'outsider che fa fatica a venir accettata.  Secondo te, da cosa dipende tutta questa difficoltà ad accogliere le differenze?
«Pam è una tipa tosta che per il suo modo di essere non omologato, viene molto criticata. A scuola la prendono in giro e ha difficoltà a farsi degli amici, soffrendone molto. Mi imbatto spesso in episodi come questo anche nella realtà che vivo tutti i giorni, dove ci sono delle spinte all'omologazione fortissime. Già all'asilo che frequenta mia figlia noto questo tentativo di incasellare i bambini per farli rientrare all'interno di uno stesso canone, in modo che siano più o meno tutti uguali. Credo dipenda dalla pigrizia collegata al fatto che viviamo in una società consumistica dove una delle dimensioni più importanti è quella del consumatore. E per essere un consumatore facile da interpretare devi essere infilato sotto un'etichetta».

In Pandora si parla dell'eterno conflitto tra il bene e il male ma anche di speranza. Che immagine ha nella tua fantasia?

 «Se devo associare la speranza a un'immagine mi viene in mente mia figlia, che ha 4 anni e mezzo. Perché un figlio è il ciclo che ricomincia e quando ne hai uno vedi il mondo da un'altra ottica, riscopri cose che avevi dimenticato e rileggi cose che hai già vissuto in un modo completamente diverso. Sarà una deformazione professionale perché sono una scrittrice di libri per ragazzi, ma sono sempre più convinta che la speranza stia nelle generazioni più giovani della nostra».  

 
 
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