Cara prof, da cristiano e da cattolico credo che l’accoglienza sia un valore ineludibile. Da padre, che per scelta non ha voluto far cambiare zona a suo figlio decidendo quindi per una scuola di quartiere davvero multietnica, oggi posso dire che non è facile.
Capisco quindi il disagio di chi ritiene che una scuola con troppi stranieri non garantisca una buona qualità dell’istruzione.
Ma non penso che porre un limite, una percentuale di studenti stranieri, come proposto dal ministro Valditara, sia la soluzione.
DAVIDE
Risposta di Paola Spotorno
– Caro Davide, il tema è importante e necessita di essere affrontato non tanto e non solo per i nostri fi gli, ma soprattutto per poter realizzare una reale integrazione dei bambini nella comunità di appartenenza. I dati parlano chiaro, senza adeguate competenze linguistiche è impossibile realizzare un’integrazione effi cace e duratura.
Non sarà certo stabilire una percentuale, come scrivi, che servirà a invertire la rotta. Peraltro già nel 2009 l’allora ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini aveva posto un limite del 30% di stranieri per classe senza grande successo.
Decidere una quota stranieri per classe, senza pensare a un cambio di paradigma rispetto all’integrazione tout court, non è la soluzione. Osservo nelle mie classi ad alta percentuale di studenti stranieri che la maggior parte di loro è nata e cresciuta in Italia, ma in casa parla arabo, filippino o spagnolo. Il cambiamento dovrebbe arrivare, diciamocelo, non da una semplice e poco costosa scelta numerica, ma da una modifica radicale nell’organizzazione delle classi, nella struttura oraria, nell’organizzazione e nell’assunzione di personale docente e non docente.
Accompagnando anche le famiglie straniere nel sentirsi parte della comunità. Una rivoluzione che il Pnrr e l’autonomia scolastica potevano innescare, ma è diventato più facile investire sulla scuola Futura 4.0 che sulle persone e la loro formazione.