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giovedì 27 marzo 2025
 
Aziende di valore
 

L’impegno sociale della Ramazzotti: coi produttori indiani, ma non solo

05/12/2015  È un grosso progetto equo-solidale che coinvolge 500 produttori (su 2.000) di una cooperativa locale in India, con corsi di formazione agraria, commerciale e finanziaria. La multinazionale, però, s’impegna anche in Italia, con diverse azioni di responsabilità sociale.

«L’economia è una cosa positiva, perché tende allo sviluppo dell’intero pianeta». Può esserlo anche quella delle multinazionali «quando garantiscono l’accesso dei piccoli produttori ai mercati globali». Jacques Attali, già eminenza grigia di François  Mitterand ed economista internazionale, lo aveva detto il 3 settembre a Milano, al convegno “Quale economia per nutrire il pianeta?”, una delle iniziative di Expo in Città.

Jacques Attali, dal 1998 alla guida di Positive Planet.
Jacques Attali, dal 1998 alla guida di Positive Planet.

La sfida è chiara: ce la faremo a sfamare i quasi dieci miliardi di persone previsti per il 2050, che poi diventeranno dodici? Oggi, quando la popolazione mondiale è di sette miliardi, oltre 800 milioni soffrono la fame, mentre i terreni dedicati all’agricoltura si riducono progressivamente; in Italia, calcola l’Istat, sono scesi del 3,3% dal 2010 al 2013.

Per Jacques Attali, che dal 1998 guida la fondazione Positive Planet per sviluppare una crescita sostenibile, la ricetta passa «dal valorizzare le piccole proprietà, il biologico, ridurre i passaggi intermedi tra produttore e consumatore, aiutare i più poveri con la formazione e il microcredito». Il tutto in modo etico: seguendo le leggi del mercato, a condizione di considerare “sviluppo” non solo il fatturato, ma anche l’impatto sociale e ambientale.

Continua Attali: «Occorre incrementare sempre di più la sinergia tra privati, pubblico e no profit». È quello che è successo per l’Amaro Ramazzotti, ricetta milanese con 200 anni esatti di storia. Qui gli attori sono Positive Planet, una cooperativa di produttori indiani promossa dalla diocesi cattolica di Kanjirappally, la cooperazione internazionale tedesca e una multinazionale la cui responsabilità sociale d’impresa passa per la Via delle Spezie. Pernod Ricard, infatti, è nata in Francia ma è ora una dei due leader mondiali nel settore dei liquori e vini; in Italia, il suo marchio principale è Ramazzotti, l’amaro più noto al mondo.


Le 33 erbe alla base della ricetta arrivano dall’Oriente, in particolare dal Kerala indiano, dove nel 2010 Pernod Ricard e Positive Planet hanno avviato un progetto di commercio equo finalizzato a favorire l’imprenditorialità di alcuni contadini. La multinazionale acquista direttamente tre spezie (cardamomo, zedoaria e chiodo di garofano) da 500 dei 2000 produttori locali della Pds Organic Spices. «Associarci in una cooperativa», spiega Joseph Sunil, uno dei consiglieri della Pds, «ci permette di trattare con Pernod Ricard e altri compratori esteri che garantiscano un reddito dignitoso».

Il progetto ha anche avviato un programma di formazione agraria, commerciale e finanziaria, che ha migliorato la qualità dei prodotti. L’India, infatti, è la maggiore produttrice mondiale di spezie, ma ne esporta solo il 10% perché la qualità non è all’altezza di quella richiesta dai mercati esteri. Oggi invece le erbe indiane passano dagli agricoltori del Kerala allo stabilimento piemontese di Canelli (AT), dove si produce il Ramazzotti; questo commercio ha ottenuto la certificazione Fairtrade, il marchio etico più noto.

«Abbiamo potuto», continua Sunil, «diversificare la produzione, introducendo colture come la zedolaria. Cinquecentodue agricoltori hanno partecipato al programma di formazione per la gestione finanziaria della loro attività, mentre 50 donne delle comunità locali sono state coinvolte nella coltivazione del vetiver». Si tratta di una pianta da cui si producono manufatti e da cui si estrae un olio usato nella cosmesi.


Nel 1980, Pds è stata fondata dal vescovo Mathew Arackal per migliorare le condizioni dei contadini dell’Eparchia di Kanjirappally. Spiega padre Jose Cherian, l’attuale direttore della cooperativa: «L’ispirazione è Giovanni 10,10 quando Gesù dice: “Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza”». E il sacerdote aggiunge: «Creando un’agricoltura più gusta e rispettosa dell’ambiente, proviamo a mettere in pratica quello che chiede Papa Francesco nella Laudato si’».

All’interno della multinazionale, il Ramazzotti ha fatto scuola: lo stesso tipo di partenariato si sta applicando in Armenia con 20 cooperative per la produzione di uva pregiata. Noël Adrian ha seguito l’intero progetto. «Noi», dice, «siamo un’impresa, quindi miriamo a fare utili, ma lavorando in modo responsabile».

Tre i temi su cui punta Pernod Ricard: «Prima di tutto campagne informative per “bere bene”, con moderazione e quando non si deve guidare: è fondamentale per un’azienda che produce alcolici. Poi promuovere un’agricoltura sostenibile attenta alle risorse idriche e al rispetto dell’ambiente; infine, sviluppare rapporti diretti con i produttori rispettando le culture locali». Detto con il termine tecnico, si chiama responsabilità sociale di impresa.



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