Dopo una discussione, un dissenso, chiarire non è diff8icile! Nel senso di non tornare sul discorso dopo, per far capire bene... ciò che penso! O – in ultima analisi – per aver ragione? Lasciare le cose “così”, fermarsi, lasciare che sia l’altro a elaborare? Sono sicura che l’altro non abbia bisogno delle mie aggiunte? Tacere?
MICHELA
— Quanti punti di domanda, Michela cara! Anzitutto complimenti per il tuo linguaggio potentemente femminile; tu ci racconti che avete avuto una discussione: conclusa, secondo lui, ma non secondo te. E così tu ci rimugini sopra: mi sarò spiegata? Avrà capito? Come faccio a esserne sicura? E così ti viene la voglia di ritornarci sopra, di spiegarti meglio, di vedere cosa ha in testa... “Ritornarci sopra” è lo sport delle donne. Ma il linguaggio dei mariti suona del tutto diverso e, appena la moglie accenna a tornarci sopra, sono pronti a ribattere un «ancora?!» con aria sconsolata: possibile che lei non si fermi mai? Possibile che per la centesima (anche se è solo la terza!) volta voglia riprendere l’argomento? E così i rispettivi “lui” si difendono dalle piene emotive delle rispettive “lei”. Anzi, di solito diciamo che gli uomini si scavano una buchetta, vi si seppelliscono fino a che la tempesta (leggi: la voglia di chiarire di lei) è passata. Sarebbe quasi divertente, se gli umani (uomini e donne!) non insistessero a darsi ragione e quindi a irritarsi, a darsi credito, ad accumulare crediti. E c’è un’aggravante: se tu Michela – in via di santità – decidi di non tornare più sulla discussione, lui non te ne sarà grato, perché – semplicemente! – lui ha ragione e non vale la pena tornarci sopra. Anzi, non si accorgerà della preziosità del tuo “tacere”. E allora? Tu hai già intuito che tornare sul discorso è voler aver ragione, bravissima! E quindi stai giusto pensando di tacere. Bene. Ma... ci sono molti modi di tacere in cui noi umani siamo esperti. C’è un tacere un po’ immusonito, che sa tanto di attesa dei riconoscimenti dell’altro; c’è un tacere risentito (hai presente quando gli sbatti il piatto sul tavolo?), c’è un tacere da vittima con l’aureola (“non vedi che continuo a non parlare?!”). E c’è... un tacere sulla fiducia. Fiducia appunto che l’altro elabori, ci pensi su, e magari riprenda il discorso, se ne ha bisogno, soprattutto se sente che il tuo tacere è sereno, non di ripicca. Poi, un metodo di verifica c’è e questa volta sanamente umano e non esclusivamente femminile o maschile: l’albero si vede dai frutti. Buon tacere!