Aveva soltanto 12 anni quando, quarant’anni fa il 22 maggio del 1978 venne approvata la legge 194. Un testo che nel titolo parla di tutela della maternità e che come per una beffa introduce all’aborto e lo legalizza in Italia. Oggi Marina Casini Bandini, 52 anni, è il neo presidente del Movimento per la Vita Italiano e ricorda perfettamente quel periodo, se ne parlava nella sua e in tante famiglie italiane, ma soprattutto ricorda quello che venne dopo quando, ancora giovanissima, cominciò a impegnarsi nella campagna referendaria per abrogare la legge: «Era l’estate del 1980 vivevo a Firenze e si girava in pulmino per raccogliere le firme. Fu quella che chiamammo “estate per la vita”. Ricordo la partecipazione di tanti giovani e molta tensione, con gli attacchi delle femministe, dei gruppi abortisti e persino un ragazzo picchiato. Ma ricordo anche belle persone, entusiasmo, mobilitazione spontanea. Momenti intensi, quasi eroici che mi hanno formato e mi hanno fatto comprendere che è importante spendersi per un grande ideale e quello che mi si presentava era la cultura della vita e un più vero concetto di maternità».
La delusione? «In realtà la sconfitta era nell’aria ma come è stato detto allora è stato importante mettersi in gioco con tutto l’impegno e ripartire. L’importante è esserci stati e poter ricominciare da quel 32 % che ha votato per la vita».
Una ascendenza quella di Marina che comporta un nobile destino: suo papà, che lei chiama rigorosamente babbo, è l’onorevole Carlo Casini, fondatore nel 1975 del Movimento, e che ha da sempre coinvolto nelle sue battaglie la moglie Maria e i sei figli. Marina è la primogenita. La incontriamo nella sua accogliente casa vicino alla Facoltà di Medicina e chirurgia “A. Gemelli” dove insegna bioetica. Accanto a lei il figlio Giovanni e il marito Michele Bandini.
Quando le chiediamo cosa si può fare oggi per valorizzare quel poco che c’è di buono nella 194 e che è rimasto inapplicato la risposta è una sola: «A mio parere la 194 non ha nulla di buono. È un testo completamente iniquo. Tuttavia nell’impossibilità pratica di abrogarla a causa dell’attuale composizione del Parlamento, si può pensare di togliere nell’applicazione e nell’interpretazione tutti gli spazi che hanno causato le derive che negli anni si sono create. Innanzitutto riformando i consultori familiari che dovrebbero essere lo strumento per evitare l’aborto anche nel caso di una gravidanza difficile o non desiderata. Essi dovrebbero essere esclusivamente e non ambiguamente a servizio della vita umana dal concepimento. Nonostante la legge, affidi ad essi il compito di trovare le alternative all’aborto a concepimento avvenuto e addirittura di stabilire convenzioni con realtà che sul territorio si occupano della maternità sia prima che dopo la nascita, di fatto sono divenuti un luogo di accompagnamento all’aborto. Ma lo Stato che rinuncia a punire non deve rinunciare a difendere la vita umana. Per non parlare dei casi di bandi di concorso che escludono i medici obiettori di coscienza o le amministrazioni locali che pretendono che nei consultori si possa dare la Ru 486, che è una pillola abortiva senza ombra di dubbio».
Forte e positiva Marina Casini non è d’accordo che a fronte della presunta diminuzione degli aborti non corrisponda un aumento della cultura per la vita: «Effettivamente dal 1983 si registra una diminuzione ma se è vero che sono diminuiti, non è stato grazie alla legge, ma nonostante la legge. Bisogna piuttosto dire grazie alla promozione di una cultura alternativa alla 194». Promozione che non è avvenuta attraverso i grandi media ma attraverso le idee del Movimento, le azioni dei Cav (Centri di aiuto alla vita), 350 in tutta Italia, le Case di accoglienza, i Progetti Gemma, SOS Vita, le Culle per la vita. «E non è neanche vero che i giovani non siano sensibili a questi temi», continua Marina, «c’è molta convinzione e sensibilità a riguardo. Stiamo percorrendo una strada lunga e i risultati non si possono vedere in breve tempo».
Il Movimento per la vita è diffuso in tutta Italia con federazioni regionali che raccolgono le circa 500 sedi locali, con i 349 Centri di Aiuto alla Vita (CAV) e le 41 case di accoglienza. I Cav, in particolare, rappresentano il “braccio” del movimento e sono costituiti sia da volontari che da personale qualificato. Hanno l’importante compito di sostenere le donne che affrontano una gravidanza difficile e hanno bisogno di aiuto per non fare la scelta sbagliata, e di sensibilizzare l'opinione pubblica su come prevenire ed evitare l'aborto volontario: «Movimento per la vita e Cav hanno bisogno uno dell’altro. Sono due facce della stessa medaglia. L’annuncio della cultura della vita diventa credibile e forte con il riscontro pratico. E d’altra parte la dimensione pratica senza l’anima culturale rischia di inaridirsi e perdere le motivazione», spiega Marina Casini.
E all'obiezione secondo cui i cattolici si occupano solo di inizio e fine vita e non del durante, risponde: «Non vi è dubbio che la vita è "tutta la vita" e merita sempre di essere onorata e rispettata. Voglio però ricordare che nel “durante” è chiaro dove stiano il male e il bene. Infatti non esiste la pretesa di legittimare come diritti quei comportamenti aberranti contro la vita umana come la violenza verso i migranti, l’abuso dei minori, lo sfruttamento delle donne. Nessuno ne chiede una legittimazione giuridica perché è chiaro che sono un male. Ma nei momenti “emblematici” in cui l’essere umano è più fragile, cioè quando è concepito o quando è malato o disabile, ecco allora che si pretende che le aggressioni alla vita umana vengano garantite e diventino diritto l’aborto e l’eutanasia»
In casa le immagini di Giovanni Paolo II e Madre Teresa di Calcutta. Pare quasi scontato che siano le figure che l’hanno ispirata sino ad ora: «Per me sono importantissimi, ma lo sono anche tutte le persone che nei vari ambiti hanno vissuto all’insegna del dono di sé contribuendo così a rendere migliore il mondo. Ne ho incontrati tante di persone così nel Movimento per la Vita. Non sono famose ma le loro azioni sono testimonianza di virtù di cui ci si dimentica troppo spesso: generosità, gratuità e umiltà».