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domenica 15 settembre 2024
 
Lo scandalo
 

Banca Popolare di Vicenza, «Questa truffa è un peccato mortale»

04/07/2016  Parla don Enrico Torta, il combattivo parroco che assiste molti dei risparmiatori che hanno perso tutto: «E adesso che ne sarà di queste persone?»

Pietro Schiavon, geometra all’Uls di Venezia, una volta andato in pensione decide di mettere al sicuro il suo Tfr (Trattamento di fiˆne rapporto) rivolgendosi alla Banca Popolare di Vicenza.
«Non lo avessi mai fatto. Quando è stato deciso l’aumento di capitale, per un mese mi hanno tempestato di telefonate assillanti, domeniche comprese, per investire nelle azioni della banca. “Non si preoccupi, la fiˆnanziamo noi. Compri, che sono azioni sicure”, mi garantivano. Ebbene, nel giro di pochi mesi quelle 806 azioni acquistate, che valevano circa 45 mila euro, oggi sono carta straccia», spiega il pensionato. Per la precisione valgono dieci centesimi l’una. Così Schiavon ha perso tutti i denari frutto del suo lavoro, che erano già stati destinati ad aiutare i ˆfigli.
Pietro è uno delle decine di migliaia di casi, e neanche il più drammatico, che stanno coinvolgendo i duecentomila risparmiatori truffati dalla Banca Popolare di Vicenza, il cui dissesto, come quello analogo di Veneto Banca, ha gettato nell’angoscia tante famiglie della regione.
Le cronache di poche settimane fa raccontano del suicidio del pensionato di Montebello Vicentino, Antonio Bedin, che si è sparato al petto dopo essersi reso conto d’aver perso tutti i risparmi investiti in azioni della Banca Popolare di Vicenza. Ma è soltanto di pochi giorni fa la notizia che un operaio quarantanovenne di Schio già un anno fa si era suicidato per lo stesso motivo, impiccandosi nel ˆenile, nel giugno del 2015, poco dopo la svalutazione delle azioni della Popolare. Ha lasciato una madre anziana e inferma e una sorella affetta da una grave disabilità. 

TANTE SITUAZIONI DELICATE

Questi due casi clamorosi sono solo la punta di un iceberg fatto di sofferenza muta e disperazione. C’è il risparmiatore anziano che non può permettersi la badante, la giovane coppia appena sposata che rischia di perdere l’abitazione acquistata con il mutuo, la madre con un ˆfiglio portatore d’handicap che non potrà più permettersi la casa di cura per lui. E si paventano altri suicidi per quella che qualcuno ha deˆnito la “Caporetto economica del Veneto”.
«Il meccanismo messo in atto dalla Banca Popolare di Vicenza era il seguente: in cambio di un ˆfido o di un mutuo, il funzionario proponeva azioni dell’istituto da acquistare con l’assicurazione che in qualunque momento il cliente avrebbe potuto rivenderle alla banca allo stesso prezzo. Peccato che il valore di quelle azioni in un amen sarebbe crollato, lasciando a terra il cliente. Un giochino che ora è sotto la lente di più procure venete», afferma l’imprenditore Patrizio Miatello, portavoce del Coordinamento associazioni soci banche popolari venete don Torta, dal nome del battagliero sacerdote veneziano, parroco a Dese, che due anni fa, quando sono scoppiati i casi di Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca s’è preso a cuore la tutela dei piccoli soci risparmiatori beffati, per ottenere i risarcimenti. 

LA VOCE DEI VESCOVI

  

«Farlo è solo mio dovere morale» spiega don Enrico Torta, «perché questa vicenda che ha messo in sofferenza migliaia di persone è una bestemmia contro Dio, un peccato mortale, la prova che la nostra civiltà sta degradando a barbarie, in nome dello strapotere della ˆfinanza. Per questo chiediamo al Governo italiano con forza: dov’erano gli organi di controllo quando tutto ciò avveniva? Che facevano la Consob e la Banca d’Italia? E adesso che ne sarà di queste persone che sono state truffate?».
Il prete non è solo in questa battaglia. La Chiesa veneta è più volte intervenuta con la voce dei suoi vescovi. «Queste banche hanno tradito la loro vocazione e il rapporto di ˆfiducia con i clienti», ha tuonato di recente il patriarca di Venezia, monsignor Francesco Moraglia.
«Ancora una volta i più deboli hanno pagato il prezzo più caro. Coloro che sono responsabili di tale situazione devono sentire l’obbligo morale di porre rimedio a questo dissesto, trovando le modalità concrete per restituire il denaro illecitamente sottratto e con esso ridare dignità e sicurezza di vita», ha affermato, invece, monsignor Beniamino Pizziol, vescovo di Vicenza.
Il Coordinamento, che raccoglie nove associazioni tra cui Adusbef e Confedercontribuenti Veneto, da dicembre sta chiedendo l’istituzione di una commissione parlamentare d’inchiesta che si occupi del crac bancario e di come si sia potuto azzerare il risparmio di generazioni di oltre duecentomila veneti, per quasi venti miliardi di euro. «Ci appelliamo alla Costituzione che tutela, con gli articoli 46 e 47, il risparmio e i risparmiatori », precisa Miatello. «Perché qui sta l’inganno maggiore: si vuol far passare per investitori incauti, che sapevano del rischio dei prodotti ˆfinanziari propinati loro, soci risparmiatori, trasformati in azionisti loro malgrado, che da generazioni conferivano il frutto del loro lavoro alla banca cooperativa del loro paese. Una mistifiˆcazione che mira a togliere i diritti di risarcimento a tutta questa gente».
E il peggio potrebbe ancora venire. «È un dramma della ˆfiducia che si pagherà nei prossimi dieci anni. Quando le banche chiederanno il rientro dei fiˆnanziamenti, che cosa faranno i soci in difˆficoltà? Come potranno rialzarsi i 23 mila imprenditori legati alle due banche, quando non avranno più crediti da nessuno?», osserva Andrea Arman, avvocato di Valdobbiadene, presidente di “Azionisti associati”, che fa parte del Coordinamento don Torta.
«Ma la cosa ancor più grave», continua Arman, «è che c’è ancora almeno un 20 per cento di piccoli soci del tutto ignari della loro sorte, gente che non sa ancora di aver perso tutto, complice l’omertà della banca che teme che si portino via i depositi».

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