Ridotto a quattro ore, dalle 9 alle 13, lo sciopero di venerdì 17 novembre, indetto da Cgil e Uil contro la manovra di bilancio 2024, per treni, bus, metro e navi. È l’effetto dell’ordinanza di precettazione del ministero dei Trasporti, che ha dimezzato le otto ore originariamente previste. Nei servizi della pubblica amministrazione e nella scuola lo sciopero resta invece confermato per otto ore o per l’intero turno di lavoro. Dovranno comunque essere garantiti nel pubblico i servizi essenziali, come quelli realtivi alla sanità.
La precettazione per i sindacati è suonata come un atto politico gravissimo che mette in discussione un diritto garantito costituzionalmente (diritto allo sciopero, ex art. 40), a partire dal leader della Cgil Maurizio Landini, che ha sbottato: «Siamo in presenza di un atto che nella storia del nostro Paese, dal dopoguerra in poi, con queste caratteristiche e con queste forme non era mai avvenuto».
La premier Giorgia Meloni, in linea con Salvini, conferma che la precettazione è stata una decisione assolutamente condivisa sulla base dell’indicazione di un’Authority indipendente e non una scelta politica. Ma è proprio così? Cerchiamo di fare chiarezza, perlomeno dal punto di vista tecnico, con Piero Martello, già presidente del Tribunale del lavoro di Milano e direttore di www.lavorodirittieuropa.it, una delle più diffuse e autorevoli riviste online di diritto del lavoro, con focus nel prossimo numero sul diritto di sciopero (“dove scriveranno molti dei componenti della precedente Commisisone di Garanzia”, ci anticipa).
In genere si dice che fra due litiganti la ragione sta nel mezzo.«In realtà la ragione sta nel mezzo solo quando si affetta l’anguria. Le ragioni degli uni e degli altri vanno valutate attentamente. Il ministro, appena saputo dello sciopero generale, ha mostrato la sua ferma contrarietà, adducendo di voler evitare disagi per i cittadini. Una valutazione legittima la sua, che risponde al vero, ma è altrettanto vero che qualunque sciopero apporta disagio a qualcuno. Se fatto, ad esempio, in una azienda creeerà delle difficoltà alla produzione, nei pubblici servizi ai cittadini, ma questo è insito nella sua natura e nelle sue finalità. La motivazione di precettarlo perché si crea un disagio è fragile dal punto di vista guridico, perché allora si dovrebberoprecettare tutti gli scioperi». Continua Martello: «Da questo punto di vista credo che quella del ministro sia un’opinione discutibile perché i motivi non paiono sufficienti di per sé per arrivare alla precettazione. Il vero tema è capire se sia legittima o meno». Si è criiticata anche la scelta del giorno dello sciopero, il venerdì, perché ha fatto sorgere il dubbio della “furbata” di un weekend lungo. «Mi pare una critica di non grande valore perché si trascura il fatto che il lavoratore in sciopero non percepisce la giornata di retribuzione e comunque gli costerebbe meno prendersi le ferie o un permesso».
Tornando a monte, cos’è la precettazione? «Un provvedimento aministrativo con cui si può limitare il diritto di sciopero riconosciuto dall’articolo 40 della Costituzione (“Il diritto di sciopero si esercita nell’ambito delle leggi che lo regolano”). La legge limita il diritto di astensione solo nel caso in cui sussista il fondato pericolo di un pregiudizio grave e imminente ai diritti della persona costituzionalmente tutelati, ma non esiste un divieto puro e semplice di scioperare, ci devono essere situazioni di particolare gravità, eccezionali perché lo sciopero è un diritto primario, individuale ad esercizio collettivo, un diritto su cui i nostri costituenti si trovarono tutti d’accordo perché uscivano da un’epoca, la dittaura fascista, in cui questo strumento a difesa dei lavoratori era stato abolito. Da qui l’importanza di riconoscerlo. Dal ministro, però, non sono state adddotte le situazioni che rientrano nella normativa, si è limitato a dire che provoca un disagio, ma questo aspetto non è di straordinaria gravità come ad esempio lo sarebbe se si proclamasse uno sciopero generale durante un’alluvione».
Anche la scansione temporale desta qualche perpessità? «Notiamo che il ministro appena saputo dello sciopero ha subito paventato l’ipotesi di precettazione, addirittura prima ancora di attendere il parere della Commissione di Garanzia presieduta da Paola Bellocchi, che solo dopo ribadirà che non si tratta di uno sciopero generale perché non ne ha le caratteristiche organizzative in quanto ne sono escluse moltissime categorie. Per essere generale, per il Garante, avrebbe dovuto riguardare tutti i settori nello stesso modo, ma soprattutto avrebbe dovuto svolgersi contemporaneamente nello stesso giorno in tutti i luoghii. Il mio parere è che questa considerazione c’entri poco con il carattere generale dello sciopero. È un’opinione rispettabile, ma la cosa curiosa e che lascia un po’ perplessi è che coincida con l’opinione del ministro, o meglio con quello che lui aveva anticipato. Siccome c’è una dinamica istituzionale, sarebbe stato opportuno sentire prima il Garante. Ma probabilmente il ministro aveva già deciso indipendentemente dal suo parere sull’esistenza o meno di uno sciopero generale». Peraltro i sindacati, conclude Martello, «si erano impegnati ad assicurare i servizi essenziali. Non è che tutti i trasporti nelle 24 ore sarebbero stati bloccati, perché ci sono le fasce di garanzia. Precisiamo che la legittimità di uno sciopero deve essere valutata sulla base degli obiettivi e delle finalità degli scioperanti, che si possono condividere o meno, ma che sono rimessi alla loro libera scelta nell’ambito anche del diritto di opinione».