Se è vero che lo sport è un luogo ideale in cui imparare le regole del gioco della vita, è anche vero che come la vita va preservato dai malintenzionati. Anche se a chi lo ama spesso non piace sentirsi raccontare la verità sulla Befana, una volta cresciuti è sano aprire gli occhi. Proprio aprire gli occhi sui rischi che lo sport corre e sulle buone pratiche da incrementare per evitare che nella nostra favola preferita vincano i più “cattivi” è l’obiettivo della tre giorni in tema di Mafia e sport in corso alla facoltà di scienze politiche dell’Università Statale di Milano, con il coordinamento di Nando Dalla Chiesa.
Si parla fuori di dai denti di sport e illegalità: la carne al fuoco è molta. Dove si fanno affari, dove si stringono mani, dove si trovano strade per acquisire consenso, la criminalità organizzata spesso siede, o almeno cerca di sedere, al tavolo. Il più delle volte investendo denaro di illecita provenienza. Con dinamiche simili a quelle che si riscontrano nel resto della società. Quello che si vorrebbe isola felice, non è in realtà un mondo a parte, ma un riflesso del mondo che c’è nel bene e nel male oltre le righe del campo.
Giovedì 14 settembre, in avvio di giornata, Pier Paolo Romani, coordinatore nazionale di Avviso Pubblico, ha aperto una finestra interessante e inquietante sui rapporti tra calcio e mafie, tema sempre attuale, che sta al centro anche di altre relazioni: quella di Alessandra Dolci, coordinatrice della Direzione distrettuale antimafia di Milano e quella di Giovanni Melillo, Procuratore nazionale Antimafia. La prospettiva è ampia: l’infiltrazione è possibile in molti modi. Nella frammentazione dei subappalti collegati ai grandi eventi, nelle scommesse anche legali – luogo ideale di riciclaggio in cui le persone si rovinano e il banco vince sempre -; nel mercato nero del doping; nel tifo organizzato dove troppe volte tra passione e criminalità c’è un confine labile, di cui fanno le spese gli appassionati veri “estromessi” dal gioco cui hanno diritto.
Conoscere è il primo passo per difendersi, poi occorre attrezzarsi per non cadere nelle trappole. Anche per questo si parla anche di una pars construens che unisce alla denuncia la riflessione sulle buone pratiche: non per caso la giornata di venerdì 15 dedica una parte importante all’educazione e alle strategie istituzionali, nonché alle esperienze - da don Puglisi al St. Ambroues F.C., passando per il caso Scinn’ di Ponticelli – di sport come veicolo di regole per i ragazzi che vivono nelle zone di frontiera.