Come
sta il mondo? È ancora possibile la cosiddetta “sostenibilità”?
Per
provare a rispondere a queste domande al Centro Studi Sereno Regis di
Torino è stata presentato il report internazionale “State of the
World 2013” da parte di Angelo Tartaglia, professore di fisica del
Politecnico di Torino, che l’ha corredato con alcuni suoi studi e
ipotesi sulla situazione del nostro sistema ambientale e sociale.
Il
rapporto è redatto annualmente da scienziati, esperti di politica ed
economia, a cura del Worldwatch Institute, fondato nel 1974 e
considerato il più autorevole centro di studi interdisciplinari sui
trend ambientali del nostro pianeta. Il volume è edito in Italia da
Edizioni Ambiente ed è curato da 26 anni da Gianfranco Bologna,
direttore scientifico e Senior Advisor del WWF Italia e segretario
generale della sezione italiana del Club di Roma, Fondazione Aurelio
Peccei.
Lo
“State of the World”, nella versione 2013, cerca di ridare un
senso al termine sostenibilità, che secondo gli esperti sarebbe
ormai abusato e privo di sostanza essendosi trasformato in uno
strumento di marketing, diventando cioè un “sosteniblablabla”.
Gli
autorevoli autori che hanno preso parte alla realizzazione del volume
definiscono parametri di valutazione chiari e analizzano le politiche
e le azioni che ci possono mettere sulla strada della prosperità
senza intaccare il benessere delle generazioni future. Ma si chiedono
anche se in uno scenario caratterizzato da dati negativi come
conflitti sempre più accesi, massicci flussi migratori,
disuguaglianze in aumento tra i redditi (cioè pochi sempre più
ricchi e molti sempre più poveri), la sostenibilità sia ancora
possibile.
Una
delle questioni fondamentali che emerge è ripensare il sistema in
una chiave di efficienza di uso delle risorse, partendo dal problema
energetico, quello più pressante, che deve arrivare ai primi posti
dell’agenda della politica mondiale dei prossimi anni. Siamo
all’apice dell’era dei combustibili fossili e secondo gli autori
possiamo ancora cambiare rotta e individuare fonti alternative a
quelle che utilizziamo oggi, ma dovremmo farlo in maniera tempestiva
ed urgente.
Parallelamente dovremmo modificare ad esempio altri
fattori, come il sistema agricolo, che tende a utilizzare troppe
risorse, impoverire i suoli e ad usare in modo inefficiente l’acqua.
Tutto ciò unito al generale uso delle risorse energetiche
contribuisce alla creazione di un sistema economico insostenibile.
Per cambiare rotta, secondo alcuni autori, occorrerà governance e
democrazia. Per questo due capitoli del volume sono dedicati al
modo in cui le istituzioni e i movimenti sociali si confrontano con
le domande posti sulla sostenibilità.
Il tema è di tale rilevanza
che la governance sarà al centro del report del prossimo anno.
Secondo
Angelo Tartaglia, che a Torino ha presentato il rapporto, la risposta,
oltre che riguardare decisioni politiche prese dai governi, ci
riguarda tutti e molto da vicino. Secondo il professore «il sistema
è chiaramente non sostenibile e la tendenza all’insostenibilità è
in aumento, cioè in sostanza stiamo prendendo dall’ambiente più
di quanto alla lunga questo ci potrà dare, e sono in aumento le
disuguaglianze sociali».
Tartaglia ha criticato duramente la
maggioranza dei politici perché «anche la cosiddetta “Green
Economy” non basterà se continuerà a essere attuata in una
logica di competitività e di rincorsa della crescita». La critica
del professore è scientifica, razionale, come se questi ritmi di
consumo di risorse naturali non fossero più possibili se tutti gli
stati e i popoli nel mondo volessero crescere come hanno fatto negli
ultimi decenni le nazioni cosiddette più “sviluppate”.
Tartaglia
ha anche sviluppato con formule matematiche un interessante
“corollario della crescita”, il problema della “sicurezza”
del sistema. In sostanza, ha dimostrato come per far aumentare un
indicatore della crescita economica, come potrebbe essere per
convenzione il Pil (Prodotto Interno Lordo), bisogna moltiplicare gli
scambi di una rete economica fatta di nodi (persone, aziende, ecc..).
I legami della rete crescono più che proporzionalmente che i nodi
stessi come si può facilmente notare se si tracciano delle linee tra
di loro, e questo porta presto alla saturazione prima di queste
relazioni, e poi a quella dei nodi. Ad esempio ricevendo sempre più
e-mail e altri tipi di messaggi e stimoli allo scambio finiamo per non
riuscire più a gestirli. Fino alla perdita del sistema della
capacità di governo unitario.
Aumentando
però la ricchezza, si potrebbe pensare di destinare delle risorse
alla “sicurezza” del sistema, per preservarlo da possibili
“guasti”. Ma anche qui, si avrà un punto in cui il costo per
ridurre il loro rischio diventa più che proporzionale alla ricchezza
prodotta, fino ad arrivare ad un collasso del sistema, perché non si
avranno abbastanza soldi per gestire i rischi della complessità e
dei danni, tra cui quelli ambientali.
Secondo
Tartaglia «siamo proprio arrivati al punto prima del crollo, e per
evitarlo dovremmo ridurre i nostri consumi in misura maggiore della
crescita che ancora occorre al resto del mondo per arrivare al nostro
livello, stabilizzando e poi riducendo la “quantità di materia
manipolata” e la domanda di energia e poi dovremmo ridistribuire la
ricchezza e passare dalla competizione alla cooperazione.
Non sono
discorsi buonisti, ma razionali e in un certo senso egoisti».
Riusciremo a frenare neanche tanto dolcemente o ci aspetta un
tracollo? «Per evitarlo ed essere davvero sostenibili - ha concluso
il professore - occorre un profondo mutamento sociale, culturale,
morale».