Professore, ha senso parlare di “mondo islamico”? Quali sono le fratture all’interno?
“Mondo islamico" è una metafora: all’interno non è un singolo insieme unito, ma è vero almeno dall’ottavo secolo. Abbiamo in comune alcune antiche caratteristiche (in particolare la tradizione monoteista) e molte nuove (gli aspetti della civiltà moderna che sono più o meno gli stessi ovunque, come i passaporti , i viaggi aerei, le automobili, i giornali, ecc.). Ciò che ci rende diversi è che i Paesi europei condividono un background nella civiltà del Tardo Impero Romano, mentre quelli musulmani condividono quello della civilizzazione islamica. Per quanto riguarda le fratture all’interno del mondo islamico, non credo per esempio che esista un Islam sub-sahariano unitario; ovunque vi siano forme di Islam con profonde radici locali, si trovano anche presenze di un Islam più metropolitano. Le fratture sono forse oggi più marcate all’interno delle regioni che tra di loro.
Storicamente la frattura interna è tra sunniti e sciiti: quali implicazioni ha oggi?
La rottura risale al VII secolo nel Medio Oriente e oggi delimita una serie di faglie su cui assistiamo a frequenti terremoti confessionali: in Pakistan, Afghanistan, Arabia Saudita, Iraq, ecc. Questo rende il mondo musulmano significativamente diverso dai mondi indù o cristiani contemporanei, in cui il conflitto confessionale è raro: per gli indù l’unico caso recente che conosco è l’insurrezione sikh della fine del XX secolo, per le confessioni cristiane i problemi tra cattolici e protestanti nell’Irlanda del Nord e nello Stato messicano del Chiapas. Questi conflitti derivano da una combinazione di due tipi di fattori: la sopravvivenza nel presente di secolari divisioni e animosità confessionali, forse legata al fatto che le confessioni musulmane premoderne spesso avevano aspirazioni politiche; fattori moderni, in particolare il risveglio islamico (che tende a rilanciare le animosità confessionali) e il ruolo degli Stati: l’Arabia Saudita ha fatto molto per esportare l’Islam sunnita e l’Iran per quello sciita. Se queste due nazioni si comportassero diversamente, questa frattura diminuirebbe.
Islam e democrazia: è possibile solo un rapporto di opposizione?
Certamente può essere un’opposizione, ma non deve esserlo. I salafiti d’Egitto, che si presume siano i più fondamentalisti e anti-modernisti dei musulmani, si lanciarono nella politica elettorale con successo nelle elezioni egiziane del 2012. Il teologo pakistano Mawdudi aveva un’elegante giustificazione della democrazia, in cui credeva e che riconciliava con la teocrazia: Dio fa di ogni credente un califfo, quindi i credenti delegano i loro califfati individuali a un singolo califfo; così l’autorità scende da Dio al popolo, quindi dal popolo al sovrano. Considera un parallelo storico: nel 1864 papa Pio IX denunciò l’idea che il pontefice romano "potesse e dovesse riconciliarsi e venire a patti con il progresso, con il liberalismo e con la civiltà moderna". All’epoca molti protestanti avrebbero potuto chiedere: "Cattolicesimo e democrazia: è possibile solo una rapporto di opposizione?". Eppure, nel tardo XX secolo, anche un cattolico tradizionalista come Marcel Lefebvre ha permesso che la democrazia fosse un’opzione per un paese cattolico. Tempora mutantur.
Da un punto di vista storico, qual è la relazione dell’Europa con il “mondo islamico"? Ha senso parlare di Islam europeo nel 2019?
È una storia di conflitti e scambi al tempo stesso, come è comune nelle relazioni tra le diverse comunità umane. Credo che oggi non esista un Islam europeo omogeneo distinto dall’Islam dei paesi a maggioranza musulmana, ma che potrebbe emergere in futuro, in particolare con la diminuzione dell’immigrazione musulmana in Europa.
Trent’anni fa cadeva il muro di Berlino: nessuno pensava che le religioni avrebbero assunto un ruolo, anche geopolitico, così importante. Come storico che giudizio dà di questo fenomeno?
Penso che la fonte dell’errore fosse la convinzione che l’Europa rappresentasse la direzione in cui la storia si stava muovendo, ossia l’aspettativa che ciò che stava accadendo in Europa sarebbe accaduto a tempo debito dappertutto nel mondo. Da allora, rispetto al ruolo della religione, l’Europa è a un’estremità dello spettro e il mondo musulmano dall’altra, con il resto del mondo a metà strada: si pensi all’ascesa del pentecostalismo in America Latina e nell’Africa subsahariana, la continuazione di livelli abbastanza alti di religiosità in India e le indicazioni che, se in futuro lo Stato cinese dovesse liberalizzare le sue politiche religiose, ci sarebbe “un’esplosione della religione” in Cina.