Contribuisci a mantenere questo sito gratuito

Riusciamo a fornire informazione gratuita grazie alla pubblicità erogata dai nostri partner.
Accettando i consensi richiesti permetti ad i nostri partner di creare un'esperienza personalizzata ed offrirti un miglior servizio.
Avrai comunque la possibilità di revocare il consenso in qualunque momento.

Selezionando 'Accetta tutto', vedrai più spesso annunci su argomenti che ti interessano.
Selezionando 'Accetta solo cookie necessari', vedrai annunci generici non necessariamente attinenti ai tuoi interessi.

logo san paolo
martedì 12 novembre 2024
 
 

L’Oceano malato ammala i pesci

20/01/2012  Una ricerca coordinata da un esperto italiano di ambiente marino dimostrerebbe i gravi disturbi che l’inquinamento causa alla fauna

Le conferme aumentano le preoccupazioni: lo stato dei nostri oceani sta sensibilmente peggiorando anche a causa del costante aumento delle concentrazioni di anidride carbonica, cosa che, ovviamente, ha effetti negativi su flora e fauna marina. Paolo Domenici dell'Istituto per l'ambiente marino e costiero del Consiglio nazionale delle ricerche di Oristano, in collaborazione con i ricercatori della James Cook university e dell'università di Oslo, ha effettuato due ricerche che mettono in luce i rischi principali per i pesci, dalla perdita della naturale tendenza a spostarsi, preferibilmente su un lato, di fronte a un ostacolo, all'istinto di allontanarsi dall'odore di un predatore. «Il primo studio, effettuato nella barriera corallina australiana e pubblicato su Biology Letters dimostra, con i livelli di CO2 previsti nel 2100, la perdita della lateralizzazione, ovvero della preferenza per il lato destro o sinistro durante gli spostamenti quando i pesci si trovano davanti a un ostacolo», spiega Domenici. «Un altro studio, appena pubblicato su Nature Climate Change, rileva che i pesci invertono la capacità di allontanarsi dall’odore di un predatore, con ovvie e pericolose conseguenze per la loro sopravvivenza».


Già in passato alcune ricerche avevano evidenziato gli effetti negativi dovuti all'aumento di anidride carbonica negli oceani, ma relativamente a organismi con gusci calcarei, con conseguenze dirette anche sulle percezioni sensoriali dei pesci: «Ora abbiamo scoperto che queste disfunzioni comportamentali, di cui non si conosceva il meccanismo, sono dovute al malfunzionamento del GABA-A, un recettore del sistema nervoso centrale, con fondamentali effetti su diversi tipi di neuroni, che dipende dalle quantità relative di ioni quali cloro e bicarbonato, a loro volta alterate dall’esposizione a livelli elevati di CO2».

Decisivo un esperimento: i pesci sono stati prima sottoposti ad alta concentrazione di anidride carbonica e, in un momento successivo, esposti alla gabazina, una sostanza che blocca il recettore incriminato: un trattamento di minuti è stato sufficiente a restituire ai pesci l'istinto a sfuggire dai predatori e la "preferenza laterale" davanti agli ostacoli. Ancora Domenici: «Poiché tale recettore è quasi universalmente presente nel sistema nervoso centrale degli organismi è perciò possibile che l’incremento negli oceani della CO2, aumentata del 40% negli ultimi due secoli e stimata per la fine del secolo tra 700-900 parti per milione contro le attuali 380, abbia enormi conseguenze sul comportamento e la sopravvivenza di numerose specie marine».

Tag:
 
 
Pubblicità
Edicola San Paolo