Quando lo scorso 23 agosto Francesco lo ha nominato nuovo responsabile della Libreria editrice vaticana (Lev), Lorenzo Fazzini, 43 anni, con un post su Facebook ha ringraziato il Papa «per avermi dato tanta responsabilità». Ma, primo laico e padre di famiglia a ricoprire tale incarico in Vaticano, ha immediatamente rivolto un altro grazie, «a mia moglie Anna e ai miei figli Marco, Maria, Chiara e Elia, che hanno detto di sì». Fazzini negli ultimi nove anni è stato direttore della Editrice missionaria italiana (Emi), dove si è rivelato un abile talent scout nello scegliere autori e titoli con proposte interessanti nel panorama dell’editoria cattolica e ha rilanciato l’editrice trasformandola in un centro di produzione culturale che, a partire dalla pubblicazione di libri, propone anche conferenze, incontri, proposte formative sul web, mostre, spettacoli teatrali… Nel contesto della riorganizzazione dei media della Santa Sede, lo aspetta un lavoro simile di rilancio e svecchiamento anche per la casa editrice del Papa. «La proposta è arrivata la scorsa primavera con una telefonata a un orario piuttosto inconsueto della sera, verso le 21.30», ci racconta dalla sua casa di Zevio, nella Bassa veronese, mentre si gode in famiglia gli ultimi giorni di ferie prima di trasferirsi nel suo nuovo ufficio in Vaticano. «È stato un bellissimo fulmine a ciel sereno. Ne ho parlato con mia moglie e abbiamo detto di sì entro le otto e mezza della mattina dopo».
Dica la verità: sua moglie merita di essere fatta “santa subito” visto che si tratta di un lavoro a 500 chilometri di distanza dalla famiglia…
«Anna è già santa: già negli anni di lavoro per Emi, che ha avuto sede a Bologna, sono stato spesso lontano da casa. Mia moglie è oncologa, abbiamo preso una decisione di coppia vedendo in questa chiamata un impegno gravoso ma anche la mano della Provvidenza: sarà un nuovo modo per servire la Chiesa. Avevo già ricevuto due proposte di lavoro a Roma negli anni passati ma avevo declinato. Questa volta non si poteva dire di no a una chiamata a servizio del Papa (sorride)».
Nel post su Facebook lei ha ricordato anche i suoi genitori:
«Papà Fulvio che voleva che leggessi ad alta voce I ragazzi della via Pal mentre tagliava il fieno» attorno alla baita di famiglia tra le Alpi lombarde della Valsassina, a Premana, e «mamma Domenica, perché c’è sempre». «Sicuramente il primo pensiero che ho avuto dopo la chiamata dal Vaticano è stato per papà, che è morto nel 2000 a 68 anni, quando io ne avevo 22. La suafigura per me è stata fondamentale. Era artigiano del ferro, aveva fatto solo le elementari ed era andato a lavorare a 12 anni. Ma aveva grande amore per la lettura e grande rispetto per la cultura: quando non lavorava lo vedevamo sempre con libri o giornali in mano. Era un uomo di fede profonda: da giovane aveva frequentato la Scuola per apostolato laici (Spal) che era una specie di antenato degli Istituti di scienze religiose. Era abbonato ad Avvenire e lettore assiduo della rubrica Vivaio di Vittorio Messori, che ritagliava e teneva da parte in un raccoglitore, e del Mattutino del cardinale Ravasi…».
Il Mattutino è la rubrica che oggi, con il titolo Dio tra le righe, tiene proprio lei sulla prima pagina di Avvenire… Insomma, la lettura e i libri erano di casa dai Fazzini!
«E non solo per questo. La ditta artigianale di papà, che oggi è portata avanti da due miei fratelli e una mia sorella, allora affilava le lame per tagliare i libri nella tipografia della Mondadori di Verona. Scherzando, in famiglia diciamo che tutti gli Oscar Mondadori li abbiamo fatti noi. Io stesso, negli anni dell’università, dopo le lezioni, due volte la settimana, facevo le consegne delle lame».
Quali sono stati i passaggi importanti della sua formazione di fede?
«Sicuramente la testimonianza dei miei genitori. Ma anche quella dei miei fratelli più grandi che vedevo impegnati in parrocchia, in oratorio e nel mondo associativo… Poi la figura del cardinale Carlo Maria Martini, che in casa è sempre stato un punto di riferimento con i suoi libri e il suo magistero. Da adolescente mi hanno molto formato i campi scuola con l’Azione cattolica, le Giornate mondiali della gioventù e gli educatori e i compagni che ho incontrato nel liceo del Seminario. In questi ambienti ho impostato lo stile di vita che ancora oggi mi ispira: una fede che è servizio e condivisione».
Sono gli stessi anni in cui ha maturato anche la passione per il giornalismo…
«In seminario avevo iniziato a scrivere per il settimanale diocesano Verona fedele, poi sono arrivate le corrispondenze da Verona per Avvenire. Però il salto di qualità è stato l’Erasmus a Parigi. Mai scelta fu più azzeccata: imparai in fretta la lingua e riuscii a dare esami su san Tommaso d’Aquino alla Sorbona. Frequentai librerie, biblioteche, teatri, centri di teologia, parrocchie… Mi innamorai della filosofia e della teologia francese che divennero materiale di lavoro. Iniziai così a collaborare stabilmente con le pagine culturali di Avvenire e intervistai filosofi, scrittori e teologi d’oltralpe».
Presso l’editore degli istituti missionari è andato alla ricerca di interessanti autori italiani e, soprattutto, stranieri. E ha trasformato l’editrice di libri in un centro di produzione di contenuti culturali. Scelta vincente?
«La mia idea di fondo è che oggi non puoi aspettare che le persone vengano in libreria. Devi andare a cercare i tuoi lettori, devi diventare un “motore di incontro”. Concretamente, significa che quando decidi di pubblicare un libro (o di tradurre un titolo già pubblicato all’estero) devi avere autori disponibili a tenere conferenze in librerie, parrocchie, centri culturali e festival… Ciò significa salire in macchina con gli autori e accompagnarli per giorni e giorni in giro per l’Italia. È faticoso ma è un metodo che riserva delle sorprese e delle emozioni indescrivibili, come quella volta che portammo al Festival della letteratura di Mantova padre Charly Olivero, un prete delle villas miserias, le favelas argentine, la cui opera era stata sostenuta da Bergoglio quando era arcivescovo di Buenos Aires. Finito l’incontro, si avvicina una signora e dice: “Padre, volevo tanto ringraziarla: non credo più in Dio ma credo ancora in preti come lei”. O quando mettemmo in scena in una chiesa di Milano lo spettacolo Pierre e Mohamed, dedicato al vescovo Pierre Claverie e al suo autista, uccisi in Algeria dai terroristi. Un uomo del pubblico si alzò e disse: “Voglio abbracciare gli attori e dire grazie da parte di noi musulmani”. Quando senti che il tuo lavoro produce questi effetti ti dici: “Ne vale la pena”».
In cosa consisterà il suo lavoro alla Lev?
«Dirigerò l’attività dell’editrice che pubblica i documenti del magistero Papa (encicliche, esortazioni apostoliche…), dà voce alla pluralità delle attenzioni pastorali della Santa Sede e pubblica libri di teologia, spiritualità, catechesi, storia della Chiesa, attualità religiosa… Inoltre, detiene i diritti d’autore delle parole del Santo Padre e gestisce l’autorizzazione alla pubblicazione di tali testi da parte di altri editori. Nel 2025 la Lev festeggerà i 100 anni dalla sua fondazione: mi piacerebbe valorizzare questo anniversario, che cadrà nello stesso anno del prossimo Giubileo della Chiesa universale».
Al Dicastero della comunicazione entrerà a far parte di una équipe di lavoro formata quasi esclusivamente da laici. Il prefetto del dicastero è Paolo Ruffini, giornalista di lungo corso, ex direttore di Rai 3. Laici sono il direttore editoriale Andrea Tornielli, il direttore dell’Osservatore Romano Andrea Monda, il direttore della Sala stampa Matteo Bruni. Lei stesso è il primo laico alla guida della Lev. Cosa si aspetta?
«La presenza di numerosi laici ai vertici del Dicastero è una novità introdotta da papa Francesco e mi sembra un bellissimo segnale. Dentro la Chiesa sta maturando la convinzione che in alcuni ambiti, come quello della comunicazione, servono delle persone che sappiano coniugare la passione per il servizio alla Chiesa (quindi, di servizio all’uomo e alla verità) con delle professionalità specifiche. È la premessa, forse, per una qualità maggiore della comunicazione ecclesiale. Ovviamente i laici hanno la responsabilità di essere all’altezza e di raggiungere dei risultati: il pubblico, anche quello ecclesiale, è diventato esigente».
Il ragazzino che leggeva ad alta voce I ragazzi della via Pal per papà Fulvio ora pubblicherà i libri del Papa. Che cosa si augura?
«Chaim Potok, scrittore ebreo cui ho dedicato la tesi di laurea, a un suo personaggio fa dire: “Voglio sapere se il punto di vista religioso ha un significato oggi”. Ecco, alla Lev mi piacerebbe rispondere positivamente. Tutto ciò può essere vero solo se il credente si mette in ascolto e in dialogo. Non se procede a colpi di verità, dati come fosse una spranga. Come diceva il vescovo Claverie: “La verità si cerca insieme”».
(Foto di Daniele Lira)