Ca’ Maitino è la casa del Papa. Stava nel cuore e negli occhi di
Giovanni XXIII e qui sognava di ritirarsi dopo 32 anni di servizio alla
Santa Sede, se nel Conclave del 1958 non lo avessero eletto al soglio di
Pietro. È una casa antica, carica di memoria. Martino Roncalli (da cui
Ca’ Maitino, Casa di Martino) intorno al 1450 scese dalla Valle Imagna e
la costruì. Gli ultimi proprietari la affittarono a monsignor Roncalli
come dimora estiva. Oggi vi abita monsignor Loris Capovilla, il segretario di Giovanni XXIII,
e la casa è stata trasformata in museo con ricordi di Roncalli,
fotografie e regali che ha avuto nel corso del pontificato. Qui nel suo
studio, dove su un grande tavolo lavora ancora a 98 anni, monsignor
Capovilla la sera del lunedì dell’Angelo ha ricevuto la telefonata di
papa Francesco: «Ho pensato a uno scherzo. Nessun filtro tipo “è il
Vaticano,le passo il Santo Padre”. No, solo “pronto,sono papa
Francesco”. Io gli avevo fatto avere in Vaticano un mio piccolo scritto
per le celebrazioni dei 50 anni dalla morte di Roncalli. E in calce
c’era il mio numero di telefono».
Capovilla spiega:«Non mi aspettavo di vedere che alcune intuizioni di Giovanni XXIII fossero riprese da papa Francesco. Non
chiede a uno se è cattolico, insiste sul fatto che si è tutti uomini,
ascolta e offre amicizia». E aggiunge: «Sono convinto che vedremo cose
nuove, veramente nuove per la Chiesa». Tra le intuizioni c’è quella
della collegialità: «Non è uno scherzo e papa Francesco ha dato
dimostrazione di prenderla sul serio, con la nomina dei suoi otto
cardinali consultori, proprio come fece Roncalli convocando il Concilio.
La collegialità non è una storiella da raccontare ai ragazzi in
seminario. La Commissione dei cardinali dovrà studiare un nuovo
orizzonte anche per la Curia, ma sempre al servizio della Chiesa. E
infine la Chiesa dei poveri. Ho sentito in questi mesi le stesse parole
di Roncalli e vedo che qualche ecclesiastico manifesta già segni di
sofferenza,invitando a evitare la demagogia nella descrizione degli
atteggiamenti del Papa. Macché demagogia! È il Vangelo, signori, Vangelo
e basta. Dunque o siamo leali con il Vangelo, oppure abbiamo finito di
predicare».
Monsignor Capovilla è il custode dei ricordi, ma
soprattutto è il vescovo chenon smette di sottolineare che l’icona
del“Papa Buono” affibbiata a Giovanni XXIII è riduttiva e un po’
tradisce la persona e il suo messaggio.