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venerdì 20 settembre 2024
 
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«Luca e Vittorio ci hanno lasciato un compito: operare per il bene di tutti»

02/03/2021  Nella cattedrale Notre-Dame du Congo di Kinshasa la Messa di suffragio per l’ambasciatore Attanasio e il carabiniere Iacovacci uccisi il 22 febbraio in un agguato. L’omelia del Nunzio apostolico, monsignor Ettore Balestrero: «Ognuno di noi, secondo la responsabilità che occupa, è chiamato a vigilare, perché le situazioni di precarietà e di vulnerabilità non precipitino e i fattori latenti o sopiti di conflitto non esplodano, provocando danni difficilmente riparabili»

Un momento della celebrazione eucaristica.
Un momento della celebrazione eucaristica.

Nel pomeriggio di martedì 2 marzo, nella cattedrale Notre-Dame du Congo di Kinshasa, il cardinale arcivescovo Fridolin Ambongo Besungu ha presieduto una Messa in suffragio dell’ambasciatore Luca Attanasio e del carabiniere Vittorio Iacovacci, uccisi il 22 febbraio scorso in un agguato non lontano da Goma, nella Repubblica Democratica del Congo. L’omelia è stata tenuta dal nunzio apostolico, monsignor Ettore Balestrero. Hanno concelebrato numerosi vescovi. Nella cattedrale, gremita di fedeli, molti dei quali appartenenti alla locale comunità italiana, erano presenti il Presidente della Repubblica, Félix Antoine Tshisekedi Tshilombo, le massime cariche dello Stato e i membri del Corpo Diplomatico. Si è pregato anche per Mustapha Milambo, l'autista congolese che faceva parte dello stesso convoglio e che è stato ucciso.

Pubblichiamo, di seguito, il testo integrale dell'omelia di monsignor Balestrero.

Signor Presidente della Repubblica,

Signor Cardinale,

Signori Ambasciatori e membri del Corpo Diplomatico,

Cari Fratelli nell’Episcopato,

Distinte Autorità,

Care Sorelle e Fratelli,

stasera ci siamo riuniti per un motivo, per il quale non avremmo mai voluto incontrarci. Soltanto dieci giorni fa, non avremmo mai pensato che sarebbe potuto succedere. Siamo nel tempo quaresimale ed il segno eloquente dell’imposizione delle ceneri, che abbiamo celebrato di recente con l’invito a ricordarci che siamo cenere e che in cenere ritorneremo, ha purtroppo trovato una tragica, quanto inattesa e repentina conferma. Ma la fede nel Cristo risorto, che ha vinto la morte e che ha sconfitto le tenebre, questa fede professata dall’Ambasciatore italiano Luca Attanasio e dal Carabiniere italiano Vittorio Iacovacci, getta un raggio di luce e di speranza nelle tenebre e nel dolore di questa tragedia. Questa fede ci spinge alla preghiera.

Una preghiera che si estende anche a Mustapha Milambo, l’autista congolese ucciso nello stesso scontro a fuoco, e un’invocazione che non vuole nemmeno dimenticare le altre vittime, fortunatamente risparmiate dall’agguato. Questa sera si trova con noi il Dott. Alfredo Russo, Console dell’Ambasciata, che si era recato a Goma con le due vittime italiane, ma che quella mattina non viaggiava con loro.

Ringraziamo il Signore per lui, mentre preghiamo per tutti coloro che, invece, sono rimasti direttamente coinvolti nell’agguato. Agli attentatori rivolgiamo le parole che abbiamo appena ascoltato del Profeta Isaia: “Cessate di fare il male, imparate a fare il bene”, “purificatevi”. Se cambierete vita e rispetterete le esigenze della giustizia umana, se, come dice ancora Isaia, “ascolterete” il grido di tanti innocenti, persino i vostri peccati, rossi porpora come il sangue che avete crudelmente fatto versare, potranno sbiancare davanti a Dio.

Tuttavia, come ammonisce lo stesso Profeta, “se vi ostinate e vi ribellate, sarete divorati dalla spada”, persino della giustizia divina. Ogni vita merita rispetto, sempre e comunque. Ancora di più, come è avvenuto per Luca e per Vittorio, quando è impegnata per aiutare la popolazione locale in una missione umanitaria.

L’attacco ad un convoglio del PAM - Agenzia che soltanto pochi mesi or sono è stata insignita del Premio Nobel per la Pace - diventa un simbolo, lugubre ma purtroppo eloquente, di un attacco alla pace. Nessuno di noi, però, deve cedere a questa logica, violenta ma anche effimera, perché crede di vincere e d’imporsi, ma in realtà si espone a cadere sotto la stessa logica, quando è abbracciata da chi è ancora più forte. E sempre si trova qualcuno più forte.

Ci consola pensare che non è stata certamente questa la logica dell’Ambasciatore Attanasio e di Vittorio Iacovacci. Non è stata nemmeno la logica degli altri membri della delegazione, che sono rimasti vittime dell’agguato, a cominciare dall’autista defunto Mustapha.

Tutti noi ricordiamo le qualità umane e professionali, la disponibilità e la generosità dell’Ambasciatore Attanasio. Era una persona positiva e capace di creare consenso, che ha saputo davvero trasformare l’Ambasciata a lui affidata in una sorta di grande famiglia, partecipe delle nuove e molteplici iniziative sgorgate dalla sua creatività.

In particolare, Luca si è contraddistinto per aver amato moltissimo la sua famiglia: i genitori, i parenti tutti e, in modo speciale, la moglie Zakia e le 3 bambine, Sofia, Miral e Lilia. Per questo, a loro si volge il nostro commosso pensiero e a tutti esprimiamo i sentimenti del nostro più sentito e commosso cordoglio. Lo stesso facciamo con i parenti di Vittorio Iacovacci: professionale ed esperto, oltre che attento e generoso nel suo servizio a Kinshasa. Soprattutto, prossimo a formare una nuova famiglia.

La morte di Luca e di Vittorio ci testimonia che la diplomazia è anche impegno a sostegno dei più svantaggiati e in un contesto di rischio. Entrambi hanno servito lo Stato, hanno fatto apprezzare l’Italia, hanno rappresentato in modo esemplare i tanti connazionali che, anche qui nella Repubblica Democratica del Congo, da anni sono impegnati in campo umanitario.

Penso a tanti Sacerdoti, ma anche a molte Religiose e Religiosi, nonché a infaticabili fedeli laici, che si consumano quotidianamente e danno la vita per questo immenso e nobile Paese.

I funerali di Stato dell'ambasciatore Attanasio e del carabiniere Iacovacci il 25 febbraio a Roma (Ansa)

Nel commemorare Luca e Vittorio, penso pure a tutto il personale internazionale, come pure a quello nazionale, che mette a rischio la propria sicurezza personale per servire la popolazione. Si, perché di questa cara popolazione non ci dobbiamo dimenticare. Questa popolazione che Luca ha imparato a conoscere e ad apprezzare e da cui è stato ricambiato, come è testimoniato dalla folla presente in questa cattedrale. Una popolazione che, soprattutto all’est, da decenni soffre e subisce un conflitto che non vuol finire.

Vogliamo pregare pure per tutte le Autorità, internazionali e nazionali, cosi degnamente rappresentate questa sera, a cominciare dal Presidente della Repubblica. Preghiamo perché riescano ad instaurare le ragioni della pace, che sono quelle della verità e della giustizia, del progresso e dello sviluppo, ma anche della riconciliazione e del perdono.

Ragioni tanto più difficili da comprendere in un contesto di conflitto, quanto più necessarie ed urgenti. La morte di Luca e di Vittorio non è e non deve essere vana.

Deve infatti costituire un appello a non “abituarsi” e a non rassegnarsi al male e al dolore, tanto meno laddove sembrano “essere di casa”, perché esso continua a mietere vittime, fra le quali un giorno potrebbe persino esserci chiunque di noi.

La tragica morte di Luca e di Vittorio è una conferma, che vorremmo non aver mai ricevuto, della eterna verità della Parola del Signore, appena ascoltata nel Vangelo: “Tenetevi pronti, perché il Figlio dell’Uomo verrà nell’ora che non pensate.”

La morte è una delle poche certezze della vita. Dunque, prepararsi ogni giorno, ma con serenità, a morire, è uno sprone a vivere in modo realistico e migliore, a vivere in pienezza il tempo che il Signore pone a nostra disposizione per amare Lui e i fratelli per amor suo, per dimenticare sé e servire gli altri, per collaborare alle cause buone.

A ciascuno di noi il Signore chiederà che cosa abbiamo fatto per tutti quelli che soffrono e che muoiono. Ognuno di noi, secondo la responsabilità che occupa, è chiamato a vigilare, perché le situazioni di precarietà e di vulnerabilità non precipitino e i fattori latenti o sopiti di conflitto non esplodano, provocando danni difficilmente riparabili. Luca e Vittorio, quindi, non ci hanno lasciato soltanto una testimonianza, ma ci hanno affidato pure un compito: operare per il bene di tutti! Spesso, la Domenica partecipavano alla S. Messa in Nunziatura.

Ogni Domenica inviavo all’Ambasciatore la mia omelia per WhatsApp ed egli sempre ringraziava. Sono commosso a pensare che, questa volta, purtroppo non lo potrò fare. Però gli mando, insieme a voi, la nostra preghiera, assai preziosa in questo momento e l’abbraccio caldo della fede nella comunione dei santi.

Chiedo al Signore misericordioso, per intercessione della comune Madre Maria, di purificare ogni peccato e di asciugare ogni lacrima di Luca e di Vittorio, perché possano vedere il volto di Dio e divenire simili a Lui.

Come ci insegna la liturgia, infatti, “ai fedeli del Signore la vita non è tolta, ma trasformata e mentre si distrugge la dimora dell’esilio terreno, viene preparata un'abitazione eterna nel cielo.” Amen!

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