La città ideale è un’astrazione rinascimentale, le città reali fanno i conti con regole, problemi di varia natura, visioni di breve o lunga durata. Abbiamo chiesto a Luca Gaeta, ordinario di Tecnica e pianificazione urbanistica del Politecnico di Milano, autore de Il primo libro di Urbanistica (Einaudi), di aiutarci a capire.
Professore, che cos’è un piano urbanistico?
Un patto di convivenza pacifica tra cittadini, imprese e istituzioni, affidato alla competenza dei Comuni. Spetta alle loro assemblee rappresentative dare agli obiettivi di sviluppo di una comunità una forma il più possibile ordinata con l’aiuto degli urbanisti, il cui sapere tecnico non può però mai sostituire le decisioni di chi rappresenta la cittadinanza».
È anche un patto tra generazioni?
«Sì, dobbiamo consegnare ai giovani un ambiente migliore di quello attuale, deteriorato da una crescita consumistica e impetuosa negli anni migliori e distratta nella manutenzione del territorio in tempi di risorse scarse. Un vero patto di cittadinanza deve avere vita lunga: se non rappresenta nel modo più ampio le componenti della società e della comunità locali, rischia di essere scardinato a ogni cambio di amministrazione».
A che punto siamo?
«Il processo di urbanizzazione è concluso da decenni: ora si tratta di trasformare le città esistenti e di operare una buona manutenzione delle infrastrutture invecchiate. Il crollo del ponte di Genova ci dice che il passato è ingombrante. Le previsioni edificatorie dei piani urbanistici precedenti non realizzate, ma acquisite dai proprietari dei suoli, sono difficili da rimuovere perché hanno una forza giuridica con cui, nei nuovi piani, occorre fare i conti».
Siamo consapevoli del bisogno di tutelare le nostre città antiche?
«Tra gli urbanisti direi che la necessità di tutelare il patrimonio artistico-monumentale, non solo dei centri storici, ma anche quello minore, diffuso, rurale, montuoso, isolano, è acquisita, ma occorre che i cittadini siano altrettanto attenti».
Che peso ha il nuovo articolo 9 della Costituzione?
«È stato importante inserirvi l’ambiente, ma servirà la seria volontà del legislatore perché alle parole seguano riforme della materia ambientale, sempre più dirette al governo del territorio e alla prevenzione dei rischi originati dai cambiamenti climatici».
Il governo del territorio è materia a “legislazione concorrente”, interessata dall’autonomia differenziata. Si rischiano disgregazioni?
«Abbiamo già un mosaico di leggi urbanistiche regionali, solo in parte giustificate dalla varietà del territorio, che producono esiti troppo differenziati tra loro per uno Stato non federale ma unitario, dove tutti i cittadini hanno diritto a servizi e prestazioni della stessa qualità. Servirebbe una legge quadro nazionale per il governo del territorio».