Suoniamo al citofono della casa romana di Lunetta Savino e non risponde nessuno. Ma basta voltarsi verso il marciapiede per vederla arrivare. Porta due pesanti buste della spesa, ma è elegantissima e sfoggia un paio di occhiali rossi molto chic. «Sì, mi piace molto curare il mio look. Anche se non arrivo agli eccessi di Bea. E soprattutto non porto il tacco 12 come lei». Bea è il nuovo personaggio interpretato dalla brava attrice pugliese nella fiction Fuoriclasse, in onda in queste settimane su Rai 1. È una televenditrice e porta lo scompiglio nella vita di sua sorella, la professoressa Isa Passamaglia, ovvero la protagonista Luciana Littizzetto.
- Fuoriclasse è girata a Torino, la città della Littizzetto. Com’è andato questo connubio Nord-Sud?
«Molto bene. Io amo moltissimo Torino e visitarla con Luciana è stato incredibile: accanto a lei mi sentivo una sconosciuta, perché ogni due passi c’era qualcuno che la fermava. Lei era sempre disponibile con tutti e mi ha fatto conoscere luoghi ricchi di fascino come il mercato delle pulci Balon».
- La fiction racconta il mondo della scuola. Lei è figlia di due insegnanti. Questo le ha pesato?
«No, al contrario. I miei genitori mi hanno aiutato a comprendere l’importanza di avere una buona istruzione nella vita. Nella prof della fiction rivedo molto mia madre. Lei ha insegnato anche nelle scuole medie e con la sua passione riusciva a conquistare anche gli studenti più indomabili».
- Suo figlio Antonio ha 25 anni. Come la vede nei panni di Bea?
«Veramente non mi vede proprio, anche perché si trova all’estero. Quando era più piccolo guardavamo insieme Un medico in famiglia. Ora non vede le fiction della madre. Forse dà una sbirciatina, ma poi come tutti i ragazzi cerca sul Web cosa gli interessa».
- Da buona mamma meridionale, quando lo sente al telefono la prima cosa che gli chiede è: “Hai mangiato”?
«Sì, sì. E non solo: gli mando pacchi dall’Italia di cibi che gli piacciono. È un modo per sentirlo più vicino».
- In Tv la vediamo anche nei panni della cinica capostaff del candidato premier interpretato da Filippo Timi nella sit-com satirica Il candidato. Va in onda dopo Ballarò e ottiene ascolti migliori. Perché secondo lei?
«Un po’ perché ci sono troppi talk show politici. E poi perché dovrebbero rinnovarsi. Io sto male quando vedo prima i servizi dall’esterno che raccontano la realtà, la gente che soffre, e poi i commenti in studio. Sembrano due mondi separati. Nella nostra sit-com prendiamo in giro questo modo cinico di intendere la politica, che per fortuna non appartiene a tutti».
- Lei è stata tra le artiste che più si è impegnata nel 2011 nel movimento Se non ora, quando?, nato per promuovere i diritti delle donne. Cosa è rimasto di quell’esperienza?
«Credo che oggi ci sia un po’ più di attenzione nei nostri confronti, anche se molto resta da fare. In particolare bisogna lavorare di più sul Welfare. Le donne lavorano in casa e fuori, accudiscono i genitori malati, i figli disabili, ma non sono delle wonder woman. Vanno aiutate, anche coinvolgendo di più gli uomini, per esempio rendendo più vantaggiosi i congedi parentali per i papà. Ma sono fiduciosa: vedo che le coppie giovani sono molto diverse da quelle della mia generazione. Collaborano di più, dividendosi i compiti».
- Lei ha recitato per registi come Ferzan Ozpetek e Cristina Comencini. Quest’anno a Cannes avremo tre grandi autori in concorso: Nanni Moretti, Paolo Sorrentino e Matteo Garrone. Per chi farà il tifo?
«Non glielo dirò mai! Sono tre registi che amo moltissimo. Posso dire che da attrice Moretti mi incuriosisce di più, forse perché appartiene di più alla mia storia. I suoi primi film sono stati fondamentali per la mia formazione. Mi piacerebbe interpretare una di quelle figure femminili che si vedevano allora, quelle amiche un po’ snob: sarebbe molto divertente».
- Un’ultima curiosità: perché si chiama Lunetta?
«Perché sono nata quando il primo Sputnik andò sulla luna. Un amico dei miei genitori suggerì loro questo nome e a loro piacque. A me, da bambina, invece non piaceva tanto perché era diverso dagli altri. Ora invece no: mi sento Lunetta».