Nel nostro paese è successa una grande tragedia. Una notte, di ritorno da una festa, tre ragazzi hanno perso la vita in un incidente stradale. Erano ragazzi di oratorio, tutti avevano avuto a che fare con loro. I miei figli erano loro amici e da quel giorno a me sembra che sia cambiato tutto nel loro modo di affrontare la vita. Sono molto più silenziosi e spesso fanno domande sulla morte. Tra noi famiglie parliamo dell’accaduto, ma poi ci sentiamo impotenti e senza risposte. In tutta la comunità si respira un’atmosfera strana, di sospensione. È come se fossimo ancora tutti con il fiato trattenuto. Dobbiamo ricominciare a respirare, ad alzare lo sguardo, ma nonostante le molte celebrazioni religiose, tutti ancora ci sentiamo come sotto una cappa che non ci lascia mai. È faticosissimo perché non sappiamo cosa fare e come aiutarci reciprocamente. Io come mamma mi sento addosso, sulla pelle, una grande paura, e penso continuamente che in quel terribile incidente potevano esserci i miei figli. Non so come venirne fuori. FRANCESCA
— Cara Francesca, leggere la tua lettera farà venire a molti lettori, così come a me, un senso di angoscia e di impotenza. Di fronte a eventi come quello che racconti, non c’è molto che può essere fatto. Si viene immersi e sommersi da un dolore denso e terribile che sembra non avere mai fine. Si rischia di rimanerne soffocati e, come scrivi anche tu, non si riesce più a riprendere fiato, non si sa come ripartire, non si trova il modo di riaccendere la speranza e riallacciare un filo di continuità tra ciò che c’era prima e ciò che c’è adesso nelle nostre vite.
La perdita di giovani in una comunità ha sempre un impatto traumatico enorme. Ci si identifica con chi si trova a vivere un lutto tanto grande e terribile e al tempo stesso ci si domanda che cosa succederebbe a noi, in una situazione simile. Insomma si perde di vista l’orizzonte e ci si sente disperati e dispersi. Di solito il tempo e la costruzione di reti nella comunità aiutano a ritrovare il giusto passo, ma il processo di uscita dal lutto e dal trauma è molto lungo e impegnativo.
Un aiuto concreto può venire dall’intervento di terapeuti che sanno proporre protocolli rivolti ai gruppi e alla collettività di desensibilizzazione rispetto al trauma collettivo che avete vissuto. In questo senso, molto efficace è il lavoro che fa in Italia l’associazione Emdr di cui puoi trovare informazioni e contatti sul relativo sito: www.emdr.it Può essere utile poi consultare le proposte educative descritte in due bellissimi libri di Marco Maggi: Parole e gesti per dire addio (con B. Aragno, ed. Franco Angeli) e L’educazione emozionale (con A. Ricci, ed. Franco Angeli), da cui catechisti, docenti, educatori possono trarre ispirazione per condurre attività di sostegno e rielaborazione con le famiglie e con i ragazzi/e