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sabato 23 settembre 2023
 
Lutto familiare
 

«In paese si è suicidato un genitore: come spiegarlo agli adolescenti?»

16/05/2023  «Nella nostra parrocchia un genitore di un ragazzo del nostro gruppo adolescenti si è tolto la vita e noi siamo rimasti totalmente incapaci di affrontare questo tema con i ragazzi della parrocchia. Il trauma è così grande...»

Nella nostra parrocchia un genitore di un ragazzo del nostro gruppo adolescenti si è tolto la vita e noi siamo rimasti totalmente incapaci di affrontare questo tema con i ragazzi della parrocchia. Il trauma è stato enorme e il dolore del lutto si è unito all’apparente inspiegabilità di quel dolore, essendo la morte stata cercata e non subita. Come si affrontano questi temi con chi sta crescendo? È bene parlarne o è meglio il silenzio? Noi come educatori ci sentiamo davvero incapaci.
Lucia



Cara Lucia, il fatto che racconti è fonte di enorme dolore e di grandi sfide educative. Ci sono più aspetti da considerare. Il primo è relativo alla traumatizzazione che una notizia del genere pone non solo alle persone che perdono un congiunto, ma anche a tutti coloro che appartengono alla comunità in cui quella persona ha vissuto. La nostra mente fatica ad accettare e a rendere pensabile un evento che, proprio come scrivi tu, può apparire inspiegabile.
Tutto questo viene ben raccontato da M. Bianchi nel libro La vita di chi resta (Mondadori ed.), scritto ad anni di distanza dal suicidio del proprio compagno. Qualche pagina e qualche riflessione proposte in questo libro potrebbero essere condivise con i ragazzi. Magari partendo proprio da ciò che scrivi tu: la morte nel suicidio appare voluta e non subita. In realtà il gesto autolesivo, che appare come un gesto di volontà, è una conseguenza di un profondo stato di malessere e disperazione che non portano a volere la morte, bensì che rendono la vita vuota di ogni attrattiva.


La morte non è voluta, ma è conseguenza di una tale prostrazione e disperazione che il soggetto vive senza alcuna speranza e il domani gli appare solo come un enorme peso. Un altro elemento da considerare è che la morte va affrontata con chi sta crescendo come uno dei tanti temi che appartiene alla vita. Bisogna imparare a pensarla, a maneggiarla nel proprio spazio interiore.
Deve avere un posto nello spazio della propria mente. In questo, il fatto che voi siete educatori ed animatori di oratorio e parrocchia vi darà modo di poterne parlare in modo serio, accogliente e “aperto” all’interno delle vostre attività formative. Infine, c’è da considerare che il lutto genera sempre dolore, disagio e sofferenza anche quando non ci riguarda direttamente. Chiede di essere attraversato e non negato. Bisogna condividerlo con i gesti e con le parole, perché la tristezza si scioglie solo nel conforto. Spesso si tace intorno a eventi così dolorosi come il vostro, convinti che il silenzio eviti la riattivazione di un dolore che invece solo con la parola e la forza della relazione può essere riconosciuto ed elaborato. Per questo, vi consiglio di consultare due bellissimi libri, da poco pubblicati anche in Italia: Va bene essere tristi di M. Devine (Mondadori ed.) e La vita dopo di te di A. Sauteraud (Erickson ed.).

 
 
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