Contribuisci a mantenere questo sito gratuito

Riusciamo a fornire informazione gratuita grazie alla pubblicità erogata dai nostri partner.
Accettando i consensi richiesti permetti ad i nostri partner di creare un'esperienza personalizzata ed offrirti un miglior servizio.
Avrai comunque la possibilità di revocare il consenso in qualunque momento.

Selezionando 'Accetta tutto', vedrai più spesso annunci su argomenti che ti interessano.
Selezionando 'Accetta solo cookie necessari', vedrai annunci generici non necessariamente attinenti ai tuoi interessi.

logo san paolo
martedì 15 ottobre 2024
 
 

Amare lo sport non vuol dire accettare anche il tradimento

05/10/2013  Chi ama davvero il ciclismo e lo sport in genere, soprattutto il pubblico che lo nutre, deve pretendere uno spettacolo autentico. A costo di assumersi la parte scomoda del grillo parlante.

Il ciclismo è in crisi? Sì lo è perché non è più credibile. E non vale l’argomento secondo cui sarebbe l’unico sport che cerca i suoi corrotti. Non vale, perché quando li cerca li trova a piene mani. E dunque è corrotto, regala vittorie con la data di scadenza. Non che gli altri sport siano migliori: il calcio annega nelle scommesse e nelle partite truccate (e anche nel doping che cerca poco e male) e pure l’atletica non scherza, altri probabilmente nascondono le magagne sotto il tappeto. La credibilità è sottoterra.

Eppure, si dice, la gente va a vederli. Appunto. Ma non li va a vedere perché sono credibili e sani, li va a vedere perché sono un giocattolo poetico, fatto di fatica e di bellezza, cui il pubblico vuol credere a tutti i costi come fanno i bambini già grandicelli che non vogliono arrendersi all’idea che la Befana non esiste. E infatti, quando un giornalismo che ancora cerca di fare e farsi domande prova a svelare i trucchi - anche se non è comoda la parte del grillo parlante-  il pubblico si tappa le orecchie, chiude gli occhi per non vedere il suo giocattolo rotto.

Purtroppo ha ragione il magistrato Raffaele Cantone: nessuno vuol sentire parlare delle brutture dello sport
anche quando - sempre più frequentemente -le sue vicende vanno a braccetto con il codice penale, perché nessuno ama sentirsi dire che ha una fidanzata di facili costumi. Forse è vero, come scrive Ormezzano, che la passione per lo sport, che resiste all'inquinamento, è specchio del Paese, ma forse lo è  nell'accezione  meno nobile: lo è nel senso che siamo un popolo con una lunga coda di paglia, sempre propenso a chiudere un occhio sulle mancanze altrui, specie se fanno comodo alla nostra causa.

Non ci fa onore,
ma se all’estero ci vedono come un popolo disonestello e sempre bambino, che crede alla Befana e non si assume le sue responsabilità un motivo c’è. Nessuno dice che si debba smettere di amare lo sport e il ciclismo, anzi. Ma chi gli vuole davvero bene, soprattutto il suo pubblico, che lo nutre e lo tiene in vita, dovrebbe pretendere dallo sport uno spettacolo autentico, a costo di affrontare ogni tanto a muso duro l'oggetto del suo amore, invece di accettare passivamente di avere un cesto di lumache in testa facendo finta, per quieto vivere di non accorgersene.

Tag:
 
 
Pubblicità
Edicola San Paolo