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domenica 06 ottobre 2024
 
Il teologo
 

Ma ha ancora senso la Messa in streaming o in televisione?

28/05/2020  Le chiese riaprono per la celebrazione eucaristica. Ma possiamo ancora rimanere sul divano in preghiera? La risposta (netta) del teologo Pino Lorizio passa dai limpidi versi di Clemente Rebora. O dalla passione genuina di due innamorati

Una domanda sta dilagando negli ambienti ecclesiali e anche sui media: ora che si può partecipare, sia pure con le limitazioni, che rappresentano i segni della nostra passione (mascherine e sanificazioni), alla celebrazione eucaristica in presenza, è ancora di una qualche utilità la celebrazione teletrasmessa o in streaming? Si tratta di una questione non solo pratica, ma che oserei definire teologica. D’altra parte, una pastorale senza teologia è pura pastorizia, mentre una teologia senza pastorale è mera elucubrazione. A tale quesito si connette la nostalgia per le celebrazioni trasmesse quotidianamente in diretta da Santa Marta, che hanno riscontrato una notevole audience e certamente hanno sostenuto molte persone in questi momenti drammatici e inediti, per i quali ogni supporto è ben accetto e certamente utile. La decisione di interrompere questa quotidianità domestica (per certi aspetti pantofolaia) può risultare stimolante per la partecipazione all’eucaristia in presenza?

La domanda è teologica nel senso che pone il problema del rapporto fra gesto e parola nella dinamica della fede cristiana. Attraverso i media, sia tradizionali (la radio e la televisione) che odierni (internet), ci raggiunge la Parola di Dio, anche allorché sono comunicate celebrazioni eucaristiche o si diramano espressioni della pietà popolare, in particolare il rosario. E la Parola ci raggiunge e ci penetra con tutta la sua carica sacramentale, suscitando in noi la fede e l’autentica devozione. A proposito ad esempio del rosario, non sempre si percepisce, forse perché non viene adeguatamente messa in luce, la sua profonda radice biblica, nei misteri di Gesù e nella prima parte delle Ave Maria, nonché nel Padre nostro, che ne scandiscono i momenti. Nella trasmissione televisiva o in streaming della messa il nocciolo è la predicazione della Parola proclamata, che interpella, quando ben preparata ed adeguatamente esposta, il credente chiamato ad assistere, alla rappresentazione.

Ma appunto di questo si tratta: in Tv o sul Web non partecipiamo, ma assistiamo alla liturgia, mentre ascoltiamo e accogliamo la Parola. Ma, come dice il poeta: “La parola senza bacio, lascia più sole le labbra”. La sacramentalità richiede il nesso fra gesti e parole, la partecipazione fisica al sacramento, dove la corporeità è coinvolta nel mangiare e bere il corpo e il sangue di Cristo. Non ci si può e non ci si deve inginocchiare davanti a un televisore o allo schermo di un computer (sarebbe idolatria e superstizione). Lì, invece, e non è poco, si può e si deve ascoltare e meditare la Parola di Dio. Lasciare aperto lo spazio di celebrazioni domenicali teletrasmesse, sarà dunque un aiuto, soprattutto per coloro che non possono fisicamente partecipare alla messa in parrocchia. Perché anche a loro sia data la possibilità di incontrare fisicamente il mistero, i preti più attenti, sapranno dedicare il tempo, che invece avrebbero impiegato in streaming, a portare la comunione agli ammalati, agli anziani, alle persone più fragili delle loro comunità.

Non per questo il cosiddetto ZoomWorship (culto attraverso la piattaforma Zoom, la più diffusa in questo periodo) non ci appartiene e non deve continuare ad appartenerci. Tuttavia, neppure dobbiamo abbandonare lo strumento informatico, che ci connette e ci ha consentito di superare l’isolamento totale cui ci avrebbe costretti la quarantena, piuttosto dovremmo continuare a promuovere iniziative di culto mediatico (liturgie domestiche della Parola e liturgia domestica delle ore), proprio mentre invitiamo e incoraggiamo le persone a partecipare alla celebrazione eucaristica in presenza. Così non perderemo i frutti di questa esperienza di fede, che il dramma ci ha consentito di custodire e addirittura di ampliare (anche numericamente), ma al tempo stesso non rinunceremo a quella incarnata sacramentalità che costituisce il proprium dell’espressione cattolica della fede cristiana.

Il ritorno alla vita sacramentale per il cattolico è come quello di due innamorati costretti alla lontananza, che hanno cercato di sopperire con le telefonate o le connessioni skype e virtuali inventando forme di vicinanza, che comunque hanno alimentato il desiderio e rivelato la necessità dell’incontro reale. E la metafora sponsale esprime il rapporto dell’anima con Dio. Giovanni della Croce ci ha insegnato con i suoi versi la necessità che l’amore si incarni e che la Parola diventi gesto: “Scopri la tua presenza / e mi uccida così la tua bellezza; tu sai che sofferenza / di amore non si cura / se non con la presenza e la figura” (Cantico spirituale, 11). E la celebrazione dei sacramenti è gravida di attesa, in quanto, mentre rende presente il Regno di Dio, alimenta in noi il desiderio della pienezza escatologica.

 

 
 
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