Solo qualche giorno fa il ministro Kyenge si è presa la solita raffica di insulti per aver semplicemente detto che gli immigrati sono una "risorsa". Chi la insultava, con ogni probabilità, aveva in casa una colf ucraina, mentre un muratore rumeno lavorava nel cantiere poco più in là e un'infermiera moldava aveva fatto da levatrice alla sua nipotina.
Per questo possiamo essere assolutamente certi che, per quante ricerche oggettive e dati di fatto si presentino, il ridotto razzista sarà sempre là, tetragono a qualunque forma di ragionevolezza e di intelligente accettazione della realtà. E' lo stesso "caso Kyenge" a dimostrarlo: perché per questa gente si può avere il centravanti nero, la cantante nera, la modella nera, il divo nero, la moglie nera, ma non il ministro nero. Ecco, essere governati da un nero li fa davvero arrabbiare.
Per un po' ci siamo detti che il razzismo nostrano era figlio della crisi; e prima ancora che a provocarlo era lo sconcerto, anzi il tremore, di fronte alla globalizzazione che, nel suo progredire, scompaginava troppe certezze acquisite, rovesciava le graduatorie (è indubbio che, oggi, turchi, brasiliani, indiani e cinesi guardano a noi europei con occhi diversi da qualche decennio fa; e viceversa) e in modo brutale ci ricordava che il mondo cambia e non sempre a nostro vantaggio. Con questa motivazione abbiamo digerito pure l'ordinario razzismo da bar della Lega Nord e la xenofobia della destra tutta, quella di Governo compresa, impiegata con grande sapienza per diffondere paure immotivate ma utilissime in fase elettorale.
La polemica sullo jus soli
Bene, è arrivato il momento di dire che anche quelle "scuse" non hanno senso. E forse non l'avevano nemmeno prima. E' vero, in
Grecia la profondissima crisi economica ha potenziato movimenti che
addirittura strizzano l'occhio al nazismo come Alba Dorata. Ma in
Birmania l'odio razzista della maggioranza buddista nei confronti della
minoranza musulmana è esploso proprio in coincidenza con la liberazione
dell'eroina Aung San Suu Kyi e
con le prima aperture democratiche del regime. In Germania, i più
virulenti nostalgici del nazismo si sono a lungo annidati nell'ex
Germania Est. In Austria, lo xenofobo (a di poco) Jorg Haider
raccoglieva il massimo dei voti quando il boom economico era in corso.
In Francia, dove il movimento fascista fondato da Le Pen aumenta i
consensi, la destra xenofoba riuscì a lanciare una campagna contro il
famoso "idraulico polacco" che avrebbe dovuto invadere il mercato. Erano
anni di prosperità (2005), di idraulici polacchi non se ne videro ma la
campagna riuscì ugualmente a sabotare alcuni delicati passaggi
dell'Unione Europea.
E così via. Per
i razzisti c'è sempre una scemenza più o meno inventata (gli immigrati
tolgono il lavoro ai nostri figli; gli immigrati delinquono; i neri sono
stupratori; ecc. ecc.) a cui vale la pena credere. Come la questione dello jus soli.
Molti, quando ne sentono parlare, subito immaginano orde di donne
gravide premere ai confini dell'amata Italia, bramose di far nascere i
loro piccini in questo Paese di bengodi. E fanno finta di non sapere che
dello jus soli puro (nasci qui, sei automaticamente cittadino di questo Paese, come succede negli Usa) in Italia nemmeno si discute. Ma si discute, semmai, di uno jus soli temperato,
che richiede ai genitori di essere residenti in Italia da un certo
periodo di tempo (1, 3 o 5 anni almeno, secondo le proposte delle
diverse forze politiche) e ai ragazzi di frequentare le scuole italiane
per un certo periodo di tempo (fino alle elementari, fino alle medie,
anche qui a secondo dei partiti).
Insomma:
perché dovremmo continuare a tollerare i razzisti? Perché dovremmo
continuare a trattarli come bambini tonti ma nel fondo buoni e non
possiamo cominciare a trattarli come adulti che proprio non vogliono
capire?