In attesa che il Parlamento discuta il testo di legge contro l'omofobia, l'Italia prenda atto, dopo le parole di Papa Francesco ("chi sono io per giudicare un gay"?), che la Chiesa non è omofoba. E per chiarire ancora di più questa posizione basata su sentimenti di accoglienza e fratellenza verso tutte le persone senza dimenticare di difendere sempre e comunque la famiglia tradizionale ecco la lucida riflessione di Padre Luigi Lorenzetti, noto teologo moralista.
- E' quindi ingiusto accusare la Chiesa di omofobia?
«La Chiesa, in questi ultimi anni, si è sentita in dovere di rispondere alle accuse di avallare, con il suo insegnamento, una cultura tendenzialmente omofoba. Alle critiche ha risposto manifestando il suo vero pensiero e la sua missione. Al riguardo, un pronunciamento merita una rilettura. «Va deplorato con fermezza che le persone omosessuali siano state e siano ancora oggetto di espressioni malevole e di azioni violente. Simili comportamenti meritano la condanna dei pastori della chiesa, ovunque si verifichino. Essi rivelano una mancanza di rispetto per gli altri, lesiva dei principi elementari su cui si basa una sana convivenza civile. La dignità propria di ogni persona deve essere sempre rispettata nelle parole, nelle azioni e nelle legislazioni» (Congregazione per la dottrina della fede, Cura pastorale delle persone omosessuali, 10).
È un programma che impegna la Chiesa in tutte le sue componenti, clero e laici, e nelle sue iniziative pastorali e sociali».
- Ma come difende le persone omosessuali dai soprusi e dalle violenze?
«Con due modalità soprattutto: l’annuncio, in base al Vangelo, dell’incondizionato rispetto dovuto a ogni persona, e, quindi, la denuncia di ogni forma di discriminazione, emarginazione.
Una comunità che isola e spinge ai margini anche uno solo dei suoi membri, è malata nel profondo e bisognosa per prima di essere guarita. Gesù di Nazareth ha fatto dell’integrazione contro ogni forma di esclusione, il paradigma dei tempi nuovi e il segno che il regno di Dio è venuto e va, nel tempo, verso la piena realizzazione. «Come psicologo clinico - affermava J.M. Fernandez-Martos - sogno il giorno in cui l’omosessuale si senta e viva molto più integrato con il resto dell’umanità». Se tale è il sogno di uno psicologo, a maggior ragione è il sogno della Chiesa che si definisce segno e strumento di unità, di pace e di riconciliazione tra Dio e il genere umano. La tolleranza è necessaria ma non basta. È necessaria la solidarietà (fraternità) che rende possibile il riconoscimento e la felicità di tutti a partire dalla ricchezza/povertà di ogni persona, omosessuale o eterosessuale che sia».
- Qual è invece la vera omofobia e come la si combatte?
«L’omofobia è un sentimento ostile (odio, discriminazione) e si manifesta in molteplici maniere che vanno dall’intolleranza, odio e disprezzo, fino alla violenza psicologica e fisica. Una legge che sanziona l’omofobia può risultare significativa, almeno come segnale di rassicurazione verso una categoria di persone che, più di altre, sono esposte al sopruso, ma non basta. C’è da fare molto di più, occorre un impegno culturale di tipo etico per costruire una società giusta e riconciliata, una società dove ognuno sia riconosciuto nella sua dignità di persona in ogni ambito sociale, a cominciare dalla famiglia, dalla scuola, dall’ambiente di lavoro».
- Il Paese ha davvero bisogno della legge in discussione in questi giorni?
«Una legge contro l’omofobia è stata sollecitata più volte dall’opinione pubblica in reazione a fatti drammatici, ed è in discussione al parlamento italiano. Una buona legge può costituire un segnale importante per contrastare ingiustizie e discriminazioni. Nessuna legge, tuttavia, per i connotati di precisione che deve caratterizzare ogni legge, può basarsi su una definizione generica e confusa di omofobia. Un esempio di confusione è la Risoluzione del Parlamento europeo (18 gennaio 2006) che da molti è indicata come riferimento al quale dovrebbero attenersi le legislazioni dei diversi paesi europei. Tra le manifestazioni omofobiche e, quindi, giustamente da condannare, la Risoluzione specifica «i discorsi intrisi di odio e istigazione alla discriminazione, dileggio, violenza verbale, psicologica e fisica, persecuzioni e omicidio». Ma aggiunge - e si palesa la confusione del concetto di omofobia - che manifestazioni omofobiche sono anche il non riconoscere «i partner dello stesso sesso che non godono di tutti i diritti e le protezioni riservate ai partner sposati di sesso opposto e gli stessi diritti e protezioni che hanno le coppie sposate di sesso opposto e il mancato riconoscimento delle famiglie omosessuali». La definizione di omofobia risulta così ampia da divenire incomprensibile e insostenibile: mette insieme realtà profondamente diverse. Una cosa, infatti, è l’emarginazione, la discriminazione, la violenza verbale e fisica (e sono reati); tutt’altra è discutere se esiste o no il diritto al riconoscimento giuridico delle unioni omosessuali; all’adozione (e non sono reati). La discussione su queste questioni nulla ha a che vedere con l’omofobia».
- Si parla di istigazione al reato di omofobia. Colpirebbe anche chi difende la famiglia tradizionale?
«Una legge contro l’omofobia, deve essere precisa (non confusa), nel definire il reato di omofobia, come si è detto precedentemente. Chi difende la famiglia tradizionale, fondata sull’unione stabile di uomo e donna, aperta alla procreazione, non lo fa per odio o discriminazione verso la persona omosessuale. In ogni caso, è necessario che la legge escluda esplicitamente il reato di opinione. In caso diverso, a venire discriminata, sarebbe la famiglia, precisamente il modello tradizionale di famiglia. Il legislatore, deve riconoscerla come bene comune, cioè di tutti, e non soltanto dei cattolici».
- Questa legge è realmente efficace contro l’omofobia?
«Il diritto civile e penale già prevede le debite sanzioni contro le offese alla dignità della persona. Si può comprendere l’istanza di una legge specifica a riguardo delle persone omosessuali, in quanto maggiormente esposte al sopruso e all’intolleranza».
-Nel nostro Paese i gay sono davvero discriminate? Non pensa che sia in atto una eccessiva pressione di una lobby degli omosessuali?
«Il movimento omosessuale, nelle diverse ramificazioni, ha avuto (ha) il merito di riportare all’attenzione pubblica molteplici problematiche sociali e culturali che accompagnano la condizione omosessuale, e nel denunciare le ingiustizie e la violazione dei diritti umani nei diversi ambiti della vita sociale.
Occorre, tuttavia, senso critico per distinguere le giuste rivendicazioni da quelle tali non sono. Non lo sono, ad es., le proposte di cambiamenti legislativi in tema di matrimonio e di adozione. Le cosiddette conquiste civili, lungi dal risolvere i seri problemi della persona omosessuale, in realtà la portano in altre e gravi difficoltà esistenziali. Non riconoscere giuridicamente il diritto al matrimonio, all’adozione non significa discriminare, ma semplicemente sostenere che l’unione omosessuale, ma anche quella eterosessuale, è altra realtà dal matrimonio tra uomo e donna. D’altra parte, il legislatore non è impedito di riconoscere certi diritti che derivano dall’unione omosessuale».
- E’ un testo, si dice, che va a colpire la libertà d’opinione. Il tema è fortemente laico ma perché solo i cattolici lo notano?
«La legge deve escludere con chiarezza che la libera manifestazione di opinione possa considerarsi reato. Ad es., è legittimo sostenere che l’omosessualità non può essere considerata una modalità sessuale tra le tante o che sia una questione meramente culturale; che la famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna non è da considerarsi una modalità tra altre forme di famiglia; che la coppia omosessuale non ha il diritto all’adozione.
Sono questioni laiche (non confessionali) che vanno argomentate razionalmente, superando la solita contrapposizione tra laici e cattolici che ha, all’origine, forti pregiudizi. I laici pensano che i cattolici abbiano la pretesa di trascrivere le esigenze della morale cattolica nelle leggi civili. In altre parole, ci sarebbe un’interferenza indebita nella legislazione civile, che è laica. Ma non è così. I cattolici in politica dimostrano che le loro posizioni non sono di tipo confessionale, sono invece del tutto razionali e, quindi, giustificabili sul piano umano, laico e razionale. Il confronto tra laici e cattolici non ha come punto di riferimento una determinata morale (religiosa, cattolica), ma la morale umana, fondata cioè sui valori (diritti) umani».
- I cattolici di destra o centro destra hanno espresso parere contrario
o perplessità nei confronti di questa legge. Non c’è lo stesso
atteggiamento tra i cattolici di sinistra. Come mai?
«I cattolici dei due schieramenti, in dialogo e confronto critico con i laici possono contribuire a fare una legge giusta contro l’omofobia. Segnali concreti in questa direzione ci sono stati e sono riusciti, in parte, a migliorare il testo legislativo».