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lunedì 09 settembre 2024
 
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Ma la Bibbia è sempre il bestseller

28/05/2017  È il libro più venduto al mondo, continuamente ristampato e tradotto in tutte le lingue. Quest’anno il Festival di Vicenza è dedicato al viaggio. Bibbia e viaggio rappresentano un binomio imprescindibile?

È entrato nel vivo il Festival Biblico di Vicenza, incentrato per questa tredicesima edizione sul viaggio, sotto il titolo “Felice chi ha la strada nel cuore”, e che durerà fino a domenica 28 maggio. Si tratta di una grande manifestazione nata dalla collaborazione tra Società San Paolo, presente a Vicenza con il Centro culturale San Paolo, e la Diocesi, con l’obiettivo di portare la Bibbia “fuori dal tempio”, nelle strade. E di strada la Bibbia ne ha percorsa parecchio, visto che continua ad essere il testo più venduto nel mondo, continuamente ristampato e tradotto in tutte le lingue. Lo sanno bene alla Mediagraf di Noventa Padovana, una delle più importanti realtà tipografiche italiane, che ne ha stampate negli anni milioni di copie, 70mila lo scorso anno solo per la Uelci (Unione Editori Cattolici Italiani). E poi libri di preghiera, sussidi, Oremus, Messali Romani, Liturgia delle Ore… «Perché se è vero che il fedele preferisce sempre la Bibbia, è anche vero che vuole comprenderla più profondamente, cerca anche di formarsi – spiega fra Giancarlo Capitanio, presidente Mediagraf, la società è partner del Festival -. Abbiamo assistito in questi ultimi vent’anni ad una forte crescita del desiderio di formazione, ecco allora le scuole di teologia per laici, ed ecco l’importanza del Festival Biblico, che attira il credente, ma anche il non credente verso la comprensione della Parola».

 

-  Padre, quest’anno il Festival è dedicato al viaggio. Bibbia e viaggio rappresentano un binomio imprescindibile? «Certo, perché il popolo di Dio è sempre in viaggio. Sembra essere un tema molto “moderno”, in realtà è un tema di sempre. Oggi tendiamo ad accostarlo molto alla migrazione perché ci tocca da vicino. Ma nella Bibbia il viaggio è onnipresente. Non è un libro per chi vuole stare fermo. Pensiamo anche alle esperienze monastiche ed eremitiche. Nessun eremita affronta il testo sacro pensando di stare fermo fra le quattro mura del suo convento o eremo che sia, ma entra in un movimento interiore di conversione, di cambiamento».

 

-  Quant’è affascinante la Bibbia?

«Affascina chi ha voglia di approfondire. La persona superficiale al massimo può essere affascinato dalle narrazioni più rocambolesche. Poi, quando magari incappa in uno dei lunghi elenchi di nomi e di battaglie, abbandona la pagina. Diverso invece è per chi desidera andare dentro le cose, indipendentemente dal fatto che siano religiose. Chi ha un approccio di ricerca,  riflessivo, viene affascinato da questo testo che ha una sua completezza che non ha molti paragoni. E’ allora che il libro diventa libro di vita».

 

-  C’è abbastanza Scrittura nella vita di un cristiano?

«Direi di sì. Basta guardare al cammino che la Chiesa fa fare nella celebrazione quotidiana. La liturgia cristiana è ricchissima di Scrittura. Durante la celebrazione della messa, attraverso la rotazione delle letture, riusciamo ad ascoltare quasi tutto ciò che è contenuto nella Scrittura; la Liturgia delle Ore prevede brevi letture, poi una lunga lettura dell’Antico Testamento per lo più, e anche del nuovo, anche se in forma minore, e così via».

 

-  Poi però la Parola va applicata nella vita.

«Bisogna provare ad applicarla, con la serenità di poter sbagliare. Io credo molto nel Dio misericordioso. Noi cattolici appariamo come quelli dell’inferno punitivo, invece nel Testo sacro ci sono passi che parlano di estrema misericordia, comprensione dell’umana natura. Si tratta di utilizzarlo come indicatore di strada. Cristo stesso dice: “Io sono la via”. Ma qual è questa via? Qui ci viene in aiuto il confronto, il continuo misurarsi con gli altri. Da presidente di una società, potrei pensare che la cosa migliore che posso fare è presentare un budget in attivo e da questo lasciar fuori i valori che professo. Ma non sarei coerente. Io credo che i valori facciano parte dell’utile di una società. Per noi significa innanzitutto massimo rispetto delle risorse umane, non solo quelle interne, ma anche dei fornitori. Altrimenti che senso avrebbe pubblicare la Scrittura? Saremmo dei mercenari della Parola. Partecipiamo al Festival anche per spiegare che si può fare buona impresa seguendo gli insegnamenti della Bibbia».

 

-  Qualche progetto concreto?

«Proprio nello spirito di una Parola che deve diventare vita, abbiamo organizzato dei corsi per dare una formazione al lavoro ad alcuni rifugiati che sono qui in città e siamo anche riusciti a trovare tre opportunità di inserimento. Ma al di là di questo, li abbiamo stimolati a raccontare le loro storie; nessuno di quanti sono stati al loro fianco, è rimasto uguale a prima. Non sono più considerati come “quelli che vengono a portarci via il lavoro”, bensì come persone in fuga da territori di guerra. Abbiamo tentato, con semplicità, di far passare un valore diverso».

 

-  Con l’aumentare della presenza musulmana in Italia, oggi c’è un grande fermento attorno anche ad un altro Testo sacro, il Corano.

«Io credo che il collegamento tra Corano e Bibbia, tra Islam e Cristianesimo, passi attraverso l’ardire di mettersi in viaggio, di camminare insieme; i discepoli di Emmaus scoprono la Scrittura camminando con uno sconosciuto. Il camminare insieme ci permetterà molta più unione che distinzione. Se ci guardiamo in faccia, possiamo più volerci bene che odiarci».

 

-  Qual è il suo rapporto con la Scrittura?

«La maggior parte delle volte mi conforta, ma mi interessa di più quando mi inquieta, quando mi chiede di fare un passo in più».

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Festival Biblico, l’eremita urbana
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