Scrivo questa lettera con amarezza e delusione come donna. Quando una donna lavora e commette il “grande errore” di volere un figlio sono rarissimi i datori di lavoro che comprendono e sono felici. La stragrande maggioranza inizia a far sentire i sensi di colpa: è un costo, un peso, dovrà assentarsi dal lavoro perché il figlio si ammalerà... Il periodo della maternità dovrebbe essere tranquillo perché è un momento delicato per la vita di una donna, una trasformazione, un’attesa per la vita nuova che sboccia nel grembo. Chi può tutelare una donna? I sindacati? Mi sembra proprio di no: grandi parole e pochi fatti. Le istituzioni? Quali? La politica è una delusione totale. In questo tempo di elezioni non ho sentito parlare di progetti per le donne lavoratrici che diventano madri o sognano di esserlo.
Sono delusa perché da sempre è così. Tante donne hanno lottato nel corso dei tempi e hanno ottenuto diritti per la maternità. Però ancora oggi non tutte possono permettersi di avere figli se lavorano. Spesso non vengono nemmeno assunte. Io sono ormai nonna, ma scrivo per mia figlia che ha fatto il grande errore di avere un bellissimo bambino tre mesi fa e dal momento in cui l’ha comunicato al suo datore di lavoro ha visto traballare la sua scrivania e cambiare gli atteggiamenti nei suoi confronti. Andare a lavorare è diventato ogni giorno più faticoso. Ha parlato con il titolare per avvisare che vorrebbe usufruire di qualche mese ancora per accudire il bimbo e lui le ha chiuso il telefono in faccia!
Qualche tempo fa su Famiglia Cristiana c’era un articolo su un’azienda del Trevigiano attenta alle donne in gravidanza, il cui titolare invitava a seguire il suo esempio perché lavorare con serenità fa bene a tutti, anche all’azienda. Ma è un caso raro, quasi un miracolo. Vorrei solo che questa mia lettera semplice aiuti a smuovere qualcosa e a comprendere che il dono della vita è meraviglioso. Il Signore l’ha dato alla donna perché una madre difende sempre il figlio che porta in grembo con l’amore, il coraggio, la gioia di stringerlo tra le braccia, nonostante ci sia ancora qualcuno che la fa sentire in colpa per questo.
ANNAMARIA
Cara Annamaria, non aggiungo altro al tuo appello. Spero solo che i politici che si candidano a guidare il Paese ascoltino le tue parole. Che parlano, nonostante la delusione e l’amarezza, di vita, di futuro, di speranza. Le donne, le madri, hanno una forza straordinaria nel far sì che tutto ciò si realizzi, ma devono essere aiutate veramente dalle istituzioni e anche da una mentalità comune aperta alla vita, a partire dagli stessi imprenditori.