Brusca inversione di rotta sul servizio civile: dopo le promesse dei mesi scorsi, il premier Renzi fa marcia indietro e dice no all'ingresso dei cittadini stranieri. La notizia, arrivata come un fulmine a ciel sereno, è una doccia fredda per quanti sognavano un servizio civile a tutti gli effetti universale.
Ecco le parole del Premier, pronunciate davanti ai parlamentari del Pd e riportate dall'agenzia di stampa Redattore Sociale: «Su questo so che ci saranno polemiche. Noi abbiamo scelto nel disegno di legge di non affidare il servizio civile universale se non ai cittadini italiani».
E dire che fino a pochi giorni fa le indicazioni erano di tutt'altro tenore: in un comunicato ministeriale diffuso il 10 luglio si parlava di «giovani di età compresa tra 18 e 28 anni, anche cittadini dell’Unione europea e soggetti a essi equiparati ovvero stranieri regolarmente soggiornanti o partecipanti a un programma di volontariato».
Poi, martedì sera, la smentita di Renzi. «È stata una sorpresa anche per me», ha detto il sottosegretario al Lavoro Luigi Bobba, che ha la delega al Servizio Civile. «Ora stiamo verificando come questo si traduca nel testo di legge delega di Riforma del Terzo settore che stiamo definendo e che presenteremo nella sua forma definitiva nei prossimi giorni».
Ma come spiegare una frenata così brusca e repentina? Le dichiarazioni di Renzi e Bobba lasciano intuire che alla fine abbia avuto la meglio la linea più conservatrice, cioè quella che intende alla lettera l'espressione “difesa non armata e non violenta della Patria”. Secondo questa interpretazione, proprio la natura di “servizio alla Patria” escluderebbe la possibilità di partecipazione per gli stranieri.
Se ne discute da anni e anche tra i costituzionalisti circolano pareri discordanti. Emerge però un paradosso: in realtà, malgrado divergenze di opinioni e tabù culturali, un'apertura agli stranieri c'è già stata. Solo che a sancirla non è stato il Governo, ma la magistratura. Infatti l'ultimo bando volontari, uscito nell'autunno 2013, era inizialmente riservato ai cittadini italiani. Poi, però, a seguito di un ricorso, il Tribunale di Milano ne ha disposto la revisione, proprio per permettere ai giovani stranieri di parteciparvi. Dunque ci sono già in servizio dei volontari non italiani.
Da notare tra l'altro che il loro numero è molto esiguo (0,61% del totale, secondo i dati dell'Ufficio Nazionale Servizio Civile): nulla a che vedere con l'“invasione degli stranieri” paventata dai contrari all'apertura. Tutto questo renderebbe ancora più urgente una risposta politica. Perché altrimenti si rischia di avere una legge già vecchia, incapace di tenere il passo con la realtà.
Secondo Renzi il problema dovrà essere affrontato in un contesto più ampio, cioè nel quadro di una riforma che riveda il concetto stesso di cittadinanza, ma il dibattito è ancora in alto mare e di sicuro i tempi saranno lunghi.
La notizia del no agli stranieri ha suscitato varie reazioni nella galassia del terzo settore. «Dopo le dichiarazioni del Presidente del Consiglio non vorremmo un ritorno al passato», fa sapere in un comunicato la Cnesc (Conferenza Nazionale Enti Servizio Civile). E secondo Enrico Maria Borrelli, presidente Forum Nazionale Servizio Civile «la chiusura agli stranieri rappresenta un ingessamento culturale antistorico. Il servizio civile quale occasione di partecipazione alla vita sociale del nostro Paese faciliterebbe l’integrazione sociale e culturale di quei futuri nuovi cittadini italiani, offrendo al contempo un’opportunità di crescita anche ai giovani italiani che si troverebbero a condividere con loro, in contesti multiculturali, questa esperienza».
«Plaudiamo, invece», prosegue Borrelli, «all’intenzione del premier di ricondurre la discussione sulla cittadinanza nel tema dei diritti. Auspichiamo però che ciò avvenga in tempi certi e celeri».
Per avere un quadro più chiaro bisognerà aspettare il testo definitivo della Legge Delega, sul quale sono ancora al lavoro i tecnici. Di certo le parole del Premier non lasciano molto spazio alle speranze. E crescono le perplessità di chi teme che la riforma, annunciata come un salto in avanti epocale, si trasformi nell'ennesima occasione mancata. E che il servizio civile universale finisca per essere tale solo di nome.