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giovedì 13 febbraio 2025
 
la cerimonia
 

Madre Teresa è patrona del Cimic, il ramo militare della cooperazione

07/09/2021  Dopo un iter preparatorio durato sei anni, lunedì 6 settembre l'ufficializzazione nella caserma Caserma “M. Fiore” a Motta di Livenza (Treviso), sede dell’organismo interforze. L'Ordinario militare, monsignor Santo Marcianò, ha presieduto una concelebrazione eucaristica.

Santa Teresa di Calcutta è la patrona del “Multinational Cimic Group”, il reparto multinazionale interforze a guida italiana, operativo nel settore della cooperazione civile-militare a supporto dei contingenti della Nato. Lunedì 6 settembre,presso la caserma “M. Fiore” a Motta di Livenza, in provincia di reviso, sede dell’organismo interforze, si è svolta la cerimonia che ha reso ufficiale la scelta. Per l’occasione l’Ordinario militare per l’Italia, monsignor Santo Marcianò, ha presieduto la concelebrazione di una Messa e collocato in una teca, nella cappella della caserma, una reliquia della santa.

Nell’omelia l’arcivescovo, ricordando l’opera di Madre Teresa verso i poveri, ha sottolineato come anche «la missione del Cimic rispecchia una simile esperienza. Posto a servizio di quei poveri incontrati nelle esperienze maturate nel corso delle operazioni di supporto alla pace – ha detto Marcianò – il vostro reparto si propone non solo vivere il dovere che il mondo militare impone, servizio di per sé già significativo alla persona, ma è chiamato ad andare più in profondità, ponendosi come obiettivi il collegamento civile-militare, il sostegno all’ambiente civile e il supporto alla forza e focalizzando in modo serio il tema della formazione. È la spinta ad accorgersi, come Madre Teresa, di un tesoro nascosto, che vi invita a tirar fuori un ‘di più’, nel grande compito al quale siete chiamati».

«L’incontro con il povero è incontro con una persona come me, come te; e la persona non può essere scartata né violata o usta: può solo essere amata», ha sottolineato monsignor Marcianò. «È il ‘di più’ che fa la differenza tra il fare per l’altro e l’essere per l’altro, vivere totalmente per l’altro. E, se ci pensiamo, questo ‘di più’, che noi riusciamo a dare, aiuta il ‘di più’ che il povero stesso riesce a dare”. “Nella ‘cultura dello scarto’, oggi imperante, non si vive per l’altro ma si impone una deresponsabilizzazione che porta ad eliminare chi si ritiene essere scomodo; al contrario, nella ‘cultura della vita’, a cui siamo chiamati, si cerca instancabilmente la ricchezza nascosta in ogni persona, con la certezza che il limite, la povertà, il bisogno può diventare il volano di una rinascita sempre possibile».

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