Se al tempo di Indietro tutta la vita era tutta un quiz, nell’ansia da prestazione della Tv di questi tempi la vita è tutta un talk di voci che si accavallano le une sulle altre, in un rumore indistinto in cui è difficile orientarsi.
Di questi tempi può succedere che ti arrivi, come il cacio sugli spaghetti all’ora di cena, la pubblicità di un talk show in cui Antonio Ingroia dà sulla voce a Carmine Schiavone, “pentito” di camorra che cerca di accreditare l’idea dell’antica mafia “buona” che non toccava donne e bambini.
A noi, a dire il vero, questa scena dell’ex magistrato e del signore dal curriculum criminale di tutto rispetto seduti accanto ad accapigliarsi in Tv fa un effetto stridente di persone sbagliate al posto sbagliato. Per i ruoli, fossero anche ex ruoli, e per i luoghi.
Sia chiaro ciascuno ha diritto di andare in Tv come e quando gli pare, pure il “pentito”, se lo invitano. Ma chi lo invita si chiede, se in nome del dovere di cronaca e magari anche un po’ del bisogno di un punto in più di share, sia necessario mettere un microfono in bocca proprio a tutti?
E soprattutto chi lo invita si assume la responsabilità del fatto che la “verità” del “pentito” possa diventare, accreditata dalla Tv agli occhi del grande pubblico spesso approssimativamente informato, La Verità tout court? Finendo per far perdere di vista il fatto che magari il pentito era un falso pentito - come Scarantino - che con le sue dichiarazioni false ha accusato le persone sbagliate. Se mentiva allora chi garantisce a chi ascolta che ora dica la verità?
La giustizia sa bene – anche perché qualche volta ne è rimasta scottata – che le parole di un pentito hanno valore soltanto se verificate alla luce di saldi riscontri. Senza sono aria e rischio: di depistaggi, di menzogna. Ma che ne sa un telespettatore di quali interessi potrebbe avere una persona che ha commesso gravi crimini a propalare una bufala sperando in un beneficio? Servono senso critico e una solida professionalità per vagliare: un comune spettatore come può, nel marasma di un talk show, distinguere il peso di una voce da un’altra?
E poi ci sono le vittime, magari pure loro sul divano ad ascoltare, che avrebbero diritto di pretendere che chi ha delle cose significative da dire - se davvero le ha - le vada a dire ai magistrati anziché stare ad accreditarsi come l’oracolo di Delfi in Tv.
E se non fosse poi così vero che lo spettacolo deve sempre continuare?