Erano in piazza, quell’11 ottobre 1962, quando, spinto dal suo segretario Loris Capovilla, Giovanni XXIII si affacciò alla finestra per dire alla gente parole che da secoli la Chiesa non pronunciava più: «Carezza», «pianto» e «papà». La mattina i padri conciliari erano entrati, in lunga processione, nella basilica. La sera, la folla riempiva il colonnato e tutta via della Conciliazione. L’Azione cattolica (Ac) era arrivata preparata all’appuntamento voluto da Angelo Roncalli, ma il Concilio fu comunque una sorpresa che rinnovò anche il modo di essere dell’associazione.
A distanza di cinquant’anni, la bellezza assaporata quella sera – e poi in tutti i lavori dei padri conciliari – torna a riempire con le fiaccole piazza San Pietro. Anche nello slogan scelto per accompagnare il suo triennio associativo (“Ecco ora il momento favorevole”), l’Azione cattolica italiana riecheggia quell’amicizia con il mondo che il Vaticano II inaugurava esplicitamente. «È sempre un tempo favorevole per l’annuncio del Vangelo e la crescita dell’umanità.È questo uno degli insegnamenti che ciha lasciato il Concilio», spiega il presidente nazionale Franco Miano. «Avevo tre anni quando si apriva il Concilio. Non ho ricordi, ma mio padre ripeteva sempre la frase delPapa sulla carezza da portare ai propri bambini. Sono cresciuto vivendo la Chiesa con un senso di tenerezza e serenità. Quella stessa che poi ho coltivato in associazione».
– Presidente, quale Azione cattolica arrivò,nel 1962, all’evento conciliare?
«Era un’associazione preparata sotto i treaspetti che poi saranno quelli maggiormente sviluppati nei lavori. L’Azione cattolica prestava cura all’animazione liturgica affinché si prendesse parte alla Messa in modo più consapevole e attivo, era attenta alla centralità della Parola e s’impegnava a sviluppare la partecipazione dei laici alla vita della Chiesa. L’Azione cattolica accolse l’annuncio del Concilio con grande gioia perchénella sua vita germogliavano fermentidi novità che andavano in quella direzione: tante sue esperienze hanno in qualche modo anticipato il Concilio. C’era anche però la sorpresa per un annuncio che non ci siaspettava e che spiazzò».
– Le fiaccole, il popolo in piazza San Pietrocosa significarono?
«Ci fu subito il senso di una Chiesa che si apriva al mondo, di un popolo che partecipava,di un mettersi in cammino seguendolo spirito che soffiava potente nella vitadella Chiesa».
– L’Azione cattolica è l’unica associazionechiamata per nome e cognome nei documenticonciliari. Una bella responsabilità.
«Ci sono pagine importanti del Magistero conciliare dedicate all’Ac perché è una espressione significativa e importante del laicato organizzato. L’Apostolicam actuositatem, ma non solo. Anche la Lumen gentiume la Ad gentes richiamano l’Ac. Nell’impegnoc onciliare l’Ac ha un ruolo di primo piano perché insiste sulla testimonianza, richiesta a tutti i laici, in virtù del loro Battesimo,sull’importanza dell’essere sale e lievito nel “secolo”, cioè nella quotidianità. Si insiste sulla chiamata universale alla santità che tocca tutti i laici e si precisa che alcuni laici sono chiamati a una più piena condivisione nella vita della Chiesa così come quelle persone che aiutavano l’apostolo Paolo nell’evangelizzazione. In questo senso l’Azione cattolica per la sua condivisione piena del fine apostolico della Chiesa non può che essere pienamente corresponsabile di tutta l’azione della Chiesa».
– Ha parlato di corresponsabilità. Non pensa esista il rischio di diventare subordinati o quello di “clericalizzarsi”?
«Non si tratta di una semplice collaborazione. Lo ha specificato anche di recente BenedettoXVI, con il suo messaggio al Forum internazionale dell’Azione cattolica (Fiac). Il laico ha un suo campo proprio che è quello del “mondo”, compresa la politica. Corresponsabilità non significa prendere gli uni il posto degli altri, ma agire di concerto, con un grande scambio reciproco, ciascuno nell’ambiente che gli è proprio. I laici non sono preti a metà. In questo il Concilio è stato molto chiaro».
– E oggi?
«L’ispirazione conciliare resta per noi il riferimento principale. L’impegno laicale può essere sintetizzato dall’articolo uno del nostrostatuto laddove si parla dell’evangelizzazione, dell’impegno di raccontare le meravigliedi Dio all’uomo di oggi. Da questo raccontodi scendono poi impegni concreti».
– Anche nella politica, diceva?
«Certo. Il cristiano è pienamente responsabile della Chiesa e del mondo. Non partecipare alla vita politica è un tradimento del Concilio e del Vangelo».