La Pec è l’equivalente elettronico di una raccomandata con avviso di ricevimento, lasciare a ciel sereno la fidanzata d’Italia, ossia la Nazionale azzurra del calcio, con quella equivale a chiedere il divorzio con la lettera dell’avvocato, tra l’altro senza lo straccio di una spiegazione e senza il coraggio di un incontro di spiegazione a quattr’occhi. Tanto più che Roberto Mancini era stato da poco nominato al coordinamento di vertice di tutte le Nazionali azzurre, giovanili comprese: se non era una promessa di matrimonio ci andava vicino. E non era scontato riavere fiducia per un tecnico inciampato sulla Macedonia del Nord, equivalente nel XXI secolo della Corea del Nord di Pak Doo Ik, chissà perché c'è sempre un piccolo Nord beffardo a sgambettare il destino azzurro.
Nel calcio da sempre – rara avis l’eccezione di Gigi Riva al Cagliari – nulla è per sempre, la panchina della Nazionale italiana di calcio è notoriamente un ruolo prestigioso ma scomodo, logora chi ce l’ha e chi non ce l’ha: è piena di puntine. Chi la abita sa di starci esposto ai pomodori e ai balzi sui carri dei vincitori (Valcareggi 1974 per i primi Bearzot 1982 per i secondi docunt). Mancini ha rischiato i primi, per la mancata qualificazione al mondiale del Qatar, e sperimentato i secondi con l’Europeo vinto a Wembley. Con la nomina a Plenipotenziario delle Nazionali aveva dato l’impressione di aver messo una pietra sugli uni e sugli altri, deciso a guardare avanti, sapendo che spesso in quel ruolo non basta fare bene fino a sfiorare il successo (Sacchi 1994 e Zoff 2000 insegnano).
Roberto Mancini se ne va in un modo e soprattutto con una tempistica inelegante, per un uomo che notoriamente all’eleganza ci tiene, lasciando l’Italia non alla fine di un ciclo ma all’inizio di un altro che dovrebbe essere già avviato dato che gli appuntamenti della prossima qualificazione europea incombono. Le ragioni personali, così generiche, affidate a un post Intagram, non bastano a farsi un’idea. Quando capiremo le ragioni profonde, più o meno nobili, perché le capiremo prima o poi, sapremo se l’apparente rudezza del modo inganna oppure no. Intanto bisogna correre per rimpiazzare: buona fortuna a chi verrà (Conte, Spalletti, chissà). Avrà una sfida difficile: le donne deluse dai principi azzurri son difficili da conquistare.