Uno come Maradona era capace di polemizzare con tutti. Persino con il Papa. «In Vaticano ho visto i tetti d’oro, e dopo ho sentito il Papa dire che la Chiesa si preoccupava dei bambini poveri. Allora venditi il tetto amigo, fai qualcosa», disse rivolgendosi a Giovanni Paolo II con una sparata delle sue che fece clamore, salvo fare dietrofront poco dopo.
Il 1° settembre 2014 l’incontro con il suo connazionale, Jorge Mario Bergoglio, divenuto papa da poco più di un anno e tifosissimo del San Lorenzo de Almagro, rivale del Boca Juniors, la prima squadra dove militò Maradona agli inizi degli anni Ottanta. Non fu un incontro di routine, non scivolò via veloce come spesso accade in questi casi. Francesco si soffermò a lungo a parlare con il Pibe de oro.
Nell’Aula Nervi, all’udienza con il Pontefice, c’erano oltre 400 persone tra calciatori, ex calciatori e accompagnatori, tra cui Javier Zanetti (promotore della Partita Interreligiosa della Pace), Alessandro Del Piero, Gianluigi Buffon, Andrea Pirlo, Andrij Shevchenko, Paolo Maldini, Iván Cordoba, Radja Nainggolan, Carlos Valderrama. Il Papa salutò tutti, uno ad uno, ma con Maradona si fermò più a lungo prima di abbracciarlo alla fine del colloquio. «Papa Francesco è molto più di Maradona. È lui il vero fuoriclasse», disse alla fine dell’incontro, stuzzicato dai cronisti, il grande campione argentino, «Mi ero allontanato dalla Chiesa perché pensavo non facesse abbastanza per i bisognosi, ma con Francesco è diverso. Cosa mi ha detto? Che mi stava aspettando». Maradona donò una maglia dell’Argentina con la dedica: “A papa Francesco con tutto il mio affetto e molta pace per tutto il mondo”; sulle spalle della maglia dell'”albiceleste”, il numero 10 e la scritta "Francisco".
Dopo l'udienza nell'Aula Nervi insieme a giocatori e organizzatori della partita per la pace, qualche giorno dopo il Pontefice e il campione argentino si incontrarono di nuovo, da soli per un colloquio privato, nel salottino della residenza di Santa Marta. Al termine dell’incontro, Maradona presentò al Papa un gruppo di argentini che lo accompagnava. E Francesco firmò alcune magliette sportive, donando ciascuno dei presenti un rosario. Il Papa e l'ex "Pibe de oro" si salutarono con un nuovo, caloroso abbraccio. E Francesco, ha fatto sapere il portavoce vaticano Matteo Bruni, dopo aver appreso la notizia della sua morte lo ha ricordato nella preghiera.
Maradona era così, passionale come i suoi tifosi, immediato, spontaneo, politicamente scorretto. Parlò della sua fede in diretta Tv su Canale 5, ospite a C’è posta per te di Maria De Filippi: «Quando ho visto l’oro nel Vaticano non ho seguito più perché tanti bambini in Africa muoiono per la febbre. I cardinali guadagnavano come se giocassero nell’Inter o nel Napoli. Sono tornato vicino alla Chiesa per Papa Francesco perché lui ha cambiato le cose. E se un argentino ha potuto far vincere due scudetti e una coppa Uefa al Napoli anche lui può far bene alla guida della Chiesa perché è un argentino». Mescolava fede e orgoglio nazionale, il campione celebrato come una divinità pagana a Napoli, dove si trova un “altarino” a pochi passi dalla Cappella San Severo che custodisce il meraviglioso Cristo Velato. E in piazzetta Nilo, al Bar Nilo, dove c’è ancora l’edicola votiva in suo onore, a quasi trent’anni dall’ultima partita ufficiale con la maglia partenopea, prima del traumatico distacco.
In Sudamerica ricordavano anche di quando Maradona andò in Vaticano, atteso da Giovanni Paolo II, e si presentò in forte ritardo, proveniente da Napoli, perché non aveva sentito la sveglia e aveva dormito più del previsto. Nel novembre del 1985, invece, assistette alla Messa che Wojtyla celebrava ogni giorno nella sua cappella privata. C’erano anche i genitori del campione, gli otto fratelli e la fidanzata. Al termine, il Papa si intrattenne con lui per un colloquio e Maradona ha sempre ricordato quell’incontro come «un’emozione indimenticabile».
I problemi di droga, la salute altalenante, le polemiche e gli eccessi. Maradona era amico di Fidel Castro che accolse a Cuba gli ultimi tre papi: Wojtyla, Ratzinger e Bergoglio. Accanto a lui, aveva sempre il medico personale, Alfredo Cahe. Come in quel 18 aprile 2004, con il drammatico ricovero alla Sacre Coeur. Esce dalla sala di rianimazione e racconta in tv alla show-woman argentina Susana Giménez: «Ho visto la morte, ho visto El Barba». Che per lui è Dio. Poi rivela: «Ho pregato e prego ancora».
Parlava poco della sua fede, Maradona. Che divenne oggetto di autentica idolatria sia a Napoli sia in Argentina, dove nel 2001 venne persino istituita la “Iglesia Maradoniana”, a Rosario, 200 km dalla capitale, da due aficionados del campione argentino. In quindici anni di vita ha raggiunto i 120 mila fedeli in tutto il mondo, dall’Argentina alla Cina. Il culto del “D10s” Maradona ha i suoi dieci comandamenti, celebra matrimoni e battesimi e ha il suo Natale il 30 ottobre, giorno di nascita del campione, e l’anno 1960 dà il via al calendario maradoniano. La Pasqua cade ogni 22 giugno, anniversario della “mano de Dios”.
Esagerazioni che sfiorano la blasfemia. Ma non c’è stato nulla di normale nella vita di Diego Armando Maradona. Come ricordò una volta il suo ex compagno di squadra Jorge Valdano: «Povero, vecchio Diego. Abbiamo continuato a dirgli per tanti anni “Sei un dio”, “Sei una stella”, e ci siamo scordati di dirgli la cosa più importante: “Sei un uomo”».